
di Theo Angelopoulos (Grecia/Francia/Italia, 1988)
“Paesaggio Nella Nebbia” è un film da recuperare, soprattutto se siete amanti del cinema d’autore più cupo e doloroso. Queste due ore non passano in fretta, ma lasciano dei segni profondi, come già era accaduto in passato per alcune pellicole dirette dal celebre e compianto regista ellenico. Con questo lungometraggio, Theo Angelopoulos si aggiudicò il Leone D’Argento a Venezia, tornando alla ribalta dopo i primi grandi successi di critica degli anni settanta (quando i temi trattati nelle opere del cineasta erano di natura politica).
Una ragazzina di nome Voula, in compagnia del fratellino di cinque anni Alexandros, fugge di casa per mettersi in viaggio alla ricerca del padre. L’uomo vive in Germania, così i due si ritrovano alla stazione di Atene pronti per intraprendere questa lunga avventura lungo i binari. Le cose tuttavia non vanno per il verso giusto: una volta fatti scendere dal treno (poiché sprovvisti di biglietto), i protagonisti tentano di proseguire a piedi la loro marcia, incappando però in una serie di personaggi appartenenti a un mondo adulto spudoratamente ostile.
In realtà, non sappiamo neppure se la figura paterna di cui sopra esista o meno: “Paesaggio Nella Nebbia” è infatti un viaggio iniziatico, un amaro e crudele spaccato di un’innocenza in procinto di svanire per sempre. Lo testimonia la drammatica scena dello stupro, raccontata attraverso un lungo piano sequenza in cui non viene mostrato nulla, poiché Angelopoulos ci lascia soltanto immaginare quello che sta accadendo dietro quel telone. Un’immagine del genere, girata sotto al più grigio e opprimente dei cieli, fa davvero male.
C’è qualcosa di onirico in “Paesaggio Nella Nebbia”, anche se questa sospensione dal mondo reale non è mai compiuta e definitiva: i paesaggi, la tetra fotografia, il senso continuo di smarrimento, le disavventure di Voula e Alexandros non ci permettono affatto di vivere la crescita come una favola, perché a prevalere è la desolazione, la staticità (le singole inquadrature) e il timore di un pericolo imminente. Ne deriva un prodotto tutt’altro che consolante, nel quale a spiccare sono i dialoghi (la poetica di Tonino Guerra, qui co-sceneggiatore) oltre che una struggente colonna sonora (composta da Eleni Karaindrou).
Seppur intriso di un lirismo fin troppo marcato, questo film diretto da Theo Angelopoulos suggella un periodo della sua carriera decisamente importante, sulle orme dei precedenti “Viaggio a Citera” (1984) e “Il Volo” (1986). “Paesaggio Nella Nebbia” ci comunica infatti qualcosa di simbolicamente universale, proiettandosi al di là delle varie esperienze di scuola ellenica fino a quel decennio incentrate sulla condizione del popolo greco durante il ventesimo secolo. Questo in fondo è un coming of age, figlio di un’epoca altamente complessa per il futuro delle nuove generazioni.

(Paolo Chemnitz)
