
di Tony Stone (Stati Uniti, 2021)
“Ted K” ci racconta gli ultimi anni di libertà di Theodore Kaczynski, matematico, criminale, terrorista ed ex professore universitario statunitense divenuto celebre con il soprannome di Unabomber: egli infatti, per un periodo di tempo molto dilatato (dal 1978 fino al 1995), aveva inviato una serie di pacchi postali esplosivi a numerose persone, provocando tre morti e ventitré feriti. Il suo arresto, avvenuto nel 1996, giunse al culmine di una complessa caccia all’uomo messa in atto dall’FBI (queste vicende sono state già raccontate con dovizia di particolari nella prima stagione della valida serie televisiva “Manhunt”). Al momento, Kaczynski sta ancora scontando l’ergastolo.
Tony Stone ci offre uno spaccato decisamente elaborato sulla quotidianità di Theodore Kaczynski, puntando soprattutto sulla controversa psicologia del personaggio e sulle sue teorie, molte delle quali raccolte in lunghe missive e nel documento da lui redatto dal titolo “La Società Industriale e il Suo Futuro”. L’uomo viveva completamente al di fuori della realtà, in una baracca nel Montana, senza alcun allaccio per l’acqua corrente e l’elettricità: Ted si dedicava alla caccia e sbraitava ogni volta che nel cielo qualche jet squarciava il silenzio della natura in cui egli era avvolto. Praticamente una vita da misantropo alienato in opposizione al progresso e alla tecnologia, sulle orme della lezione di Henry David Thoreau (con la sottile differenza che il celebre filosofo statunitense non se ne andava in giro per i boschi con il fucile, minacciando chiunque facesse un minimo di rumore!).
Gli spunti di interesse presenti in questo biopic non sono affatto da trascurare: Sharlto Copley interpreta alla grande un protagonista mostrato attraverso diverse sfaccettature, un uomo estremamente intelligente ma anche in preda alla paranoia più assoluta. La sua voce fuoricampo ci prende per mano trascinandoci nel cuore del suo pensiero contorto, delle idee per giunta ampiamente condivisibili sotto numerosi aspetti. Allo stesso tempo, c’è da rimarcare una certa ripetitività nello svolgimento del film, a tratti statico e poco avvincente da un punto di vista narrativo (le due ore di durata risultano davvero eccessive).
Buona la colonna sonora: quella originale è stata composta dal genietto elettronico Blanck Mass, ma non mancano delle piacevoli intrusioni targate Moby, Type O Negative, Alice In Chains e Prurient, per fare qualche nome. Dopotutto qui ci troviamo nel bel mezzo dei 90s, quando le azioni sconsiderate di un misterioso ecoterrorista stavano per giungere al capolinea. Resta il fatto che per apprezzare un’opera di questo tipo, non bisogna trascurare un fattore puramente soggettivo. Vi appassiona la storia di Unabomber? Se la risposta è sì, allora guardatevi questo film, altrimenti saltate direttamente oltre.

(Paolo Chemnitz)
