Catch The Fair One

di Josef Kubota Wladyka (Stati Uniti, 2021)

Per parlare di “Catch The Fair One”, dobbiamo per forza di cose spendere due parole sull’attrice esordiente Kali Reis (classe 1986), la vera sorpresa del film. Questa (non più giovanissima) ragazza è una boxer professionista già campione del mondo in due occasioni, ma non solo: chi la conosce da vicino è infatti al corrente del suo impegno sociale nei confronti dei nativi americani (la Reis, di origini sia indigene che capoverdiane, si occupa da tempo di donne scomparse o assassinate all’interno di questa minoranza). La pellicola di Josef Kubota Wladyka parte dunque dalle suddette coordinate, proprio grazie al contributo e all’esperienza sul campo di Kali Reis, qui praticamente nei panni di se stessa.
Kaylee è un’ex pugile che ha smesso di combattere da quando sua sorella minore Weeta è sparita misteriosamente nel nulla (nessuno sembra avere più notizie di lei). Senza perdere troppo tempo in lunghi preamboli, “Catch The Fair One” ci catapulta immediatamente nel cuore di un sottobosco cupo e ostile, quello legato al mondo della prostituzione: Kaylee mette la sua vita a rischio e pericolo per fare breccia dentro questo circolo proibito tenuto in piedi da alcuni sadici criminali (tra queste figure, non è difficile riconoscere il volto dell’australiano Daniel Henshall, già mattatore in “The Snowtown Murders”). Per sua fortuna, Kaylee è una tipa tosta, sa combattere e come ci suggerisce la locandina, nasconde una lama di rasoio da utilizzare all’occorrenza, poiché la sua missione è quella di ritrovare Weeta, costi quel che costi.  
Quello di Josef Kubota Wladyka è un thriller indipendente degno di assoluta attenzione, un film forse relativamente breve (ottantacinque minuti) rispetto al crescendo narrativo nel quale siamo immersi, tuttavia capace di coinvolgere a più riprese anche grazie a un cast in forma smagliante. Nonostante la presenza di alcune scene forti (la protagonista può ricorrere alla tortura, non fatela incazzare!), durante la visione di “Catch The Fair One” a farla da padrona è un costante clima di paura e di oppressione. Questo traffico illecito di esseri umani cela infatti una serie di violenze sia fisiche che psicologiche da far spavento, dei soprusi che sovente trasformano la pellicola in un dramma molto triste e (purtroppo) veritiero.
Girato dalle parti di Buffalo e già acclamato di recente al Tribeca Film Festival, questo lungometraggio può contare sul supporto di Darren Aronofsky, qui nelle vesti di produttore esecutivo. “Catch The Fair One” sarà anche un piccolo diamante grezzo privo di grandi pregi estetici o effettistici, eppure si dimostra ben superiore alle tante idiozie hollywoodiane che ci propinano puntualmente in sala. Lunga vita al cinema indie.

(Paolo Chemnitz)

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