Luna De Miel

di Diego Cohen (Messico, 2015)

“Luna De Miel” fece la sua discreta figura durante la proiezione romana al Fantafestival del 2016. Dopotutto, già dalla scorsa decade, il cinema estremo messicano (e in generale quello dei paesi latini dell’area centro-sudamericana) ha decisamente alzato in alto la propria asticella. In questo caso, basta un piccolo budget per sfornare un prodotto più che dignitoso, un horror malsano e perverso incentrato sull’ossessione di un uomo in apparenza insospettabile. Un medico.
Lui è Jorge, un individuo solitario alla ricerca della donna perfetta, quella da sposare. Isabel, la sua vicina di casa, sembra rispondere a tali requisiti: non resta dunque che rapirla per poi condurla all’interno della propria abitazione, in attesa di un matrimonio fake che possa legare per sempre quei due corpi e quelle due anime (le immagini dell’unione tra i protagonisti si rivelano alquanto grottesche). Ovviamente, il piano di Jorge è destinato a fare i conti con un twist inaspettato.
Cosa potrà mai accadere a una donna rinchiusa e incatenata all’interno di quattro mura? Per Diego Cohen la risposta è semplice, perché in qualche modo bisogna pur riempire questi novanta minuti di visione. Ecco che allora interviene – senza tuttavia diventare predominante – l’elemento di scuola torture porn: Jorge è infatti un medico a cui non manca affatto la fantasia più becera, un modus operandi che si traduce con un sadismo tanto meticoloso quanto deprecabile. Se la scena delle dita scorticate rappresenta una sorta di guilty pleasure ai massimi livelli, c’è comunque poco da stare allegri con le scariche del collare elettrico per cani o con altre ingegnose diavolerie studiate per l’occasione dal nostro distinto protagonista. In poche parole, l’horror qui diventa più carnale che psicologico, con risultati relativamente originali ma tutto sommato degni di attenzione.
La regia sfiora soltanto la sufficienza, colpa di alcune ingenuità (quante dissolvenze inutili!) dettate probabilmente dall’inesperienza di Cohen, bravo al contrario nel saper dirigere i due personaggi principali (interpretati da Hector Kotsifakis e da Paulina Ahmed). La storia dunque appassiona, almeno fino a quell’evitabile epilogo tirato un po’ troppo per le lunghe: le imperfezioni presenti in “Luna De Miel” si dimenticano tuttavia facilmente, poiché a conti fatti la pellicola funziona e destabilizza (pur con poche frecce al proprio arco). Un film esteticamente scialbo ma sostanzialmente riuscito.

(Paolo Chemnitz)

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