
di John Parker (Stati Uniti, 1955)
“Dementia” è un mediometraggio di circa sessanta minuti conosciuto anche con il titolo di “Daughter Of Horror” (tale denominazione fu utilizzata per una versione successiva dell’opera). La pellicola, per via di alcune scene considerate all’epoca impressionanti, fu addirittura censurata in Gran Bretagna, dove rimase invisibile fino al 1970. Al contrario, negli ultimi anni, “Dementia” ha trovato persino dei nuovi alleati per arrivare a un pubblico più vasto: i Faith No More per esempio hanno doverosamente omaggiato queste immagini, trascinandole nel videoclip ufficiale di “Separation Anxiety”, un singolo rilasciato alla fine del 2015 (per chi non lo sapesse, Mike Patton è un cinefilo molto legato a questo genere di film).
Ci troviamo all’interno di una camera d’albergo: una donna apre gli occhi, è appena uscita da uno strano incubo, da un sogno traumatico che comunque continua a riproporsi sotto ulteriori spoglie nel corso della pellicola. Armatasi di un coltello a serramanico, la protagonista si incammina in un lungo viaggio notturno tra le strade più malfamate del quartiere, tra gente molesta, ubriachi e altri infimi personaggi pronti a ingannarla. Mentre la sua mente precipita nella follia, le ultime frenetiche ore trascorse dentro un jazz club e un risveglio improvviso in quella stessa camera, ci permettono di capire che per lei nulla di ciò che è accaduto è stato reale.
“Dementia” ha il pregio di saper mescolare tre importanti prerogative: oltre a rimettere in circolo alcune suggestioni tanto care al cinema espressionista (la fotografia, le ombre), l’opera riesce infatti ad alternare con grande efficacia le più intense e fumose atmosfere noir a quelle dinamiche successivamente sfruttate da molti horror di taglio psicologico. L’inconscio più remoto, gli squarci tenebrosi, le sottili derive psicosessuali, ogni maledetto fotogramma del film sprigiona qualcosa di inquietante e misterioso, a cominciare dai tanti loschi individui che si avvicendano nei meandri di questo cupo scenario urbano.
John Parker, regista carneade poi sparito dalla circolazione, qui non è neppure accreditato nei titoli. Ogni cosa che gira attorno a “Dementia” è dunque realmente sfuggente, come la storia stessa, un’ipnotizzante avventura priva di dialoghi (la musica però è onnipresente!) nella quale si respira a pieni polmoni un approccio avanguardistico di pura e totale sperimentazione. Nel lontano 1955, tutto questo era fantastico.

(Paolo Chemnitz)
