
di Eskil Vogt (Norvegia/Svezia/Danimarca, 2021)
Eskil Vogt è soprattutto uno sceneggiatore affermato, un nome praticamente inscindibile da quello del suo grande amico Joachim Trier (Vogt finora ha curato lo script di tutte le pellicole del regista norvegese: “Reprise”, “Oslo, August 31st”, “Segreti Di Famiglia”, “Thelma” e “La Peggiore Persona Del Mondo”). Proprio durante la realizzazione di “Thelma”, egli ha cominciato a sviluppare le idee per questo “The Innocents” (“De Uskyldige”), la sua seconda esperienza dietro la macchina da presa dopo l’interessante “Blind” del 2014.
È estate in Norvegia: la famiglia della piccola Ida e di sua sorella maggiore Anna (lei è una ragazzina autistica) si è appena trasferita in un silenzioso nonché severo complesso residenziale in periferia, dove è raro incontrare qualcuno anche durante le ore più calde della giornata. Ida fa subito amicizia con due bambini figli di immigrati, Ben e Aisha, scoprendo insieme a loro di possedere dei poteri psichici in grado di infliggere persino morte e dolore nei confronti degli altri. Il rapporto tra questi quattro giovani protagonisti prende una piega sempre più oscura e pericolosa, trasformando “The Innocents” in un horror dai connotati davvero sinistri e raccapriccianti.

Già proiettata nel 2021 sugli schermi di Cannes, l’opera di Eskil Vogt mette immediatamente in mostra un linguaggio estetico superiore: le riprese in campo lungo non fanno altro che accentuare quel senso di alienazione urbana rappresentato da questo piccolo spazio di territorio baciato timidamente dal sole nordico. Grazie al freddo approccio minimalista, il regista scandinavo riesce a ritagliarsi il suo meritato spazio all’interno del cinema horror d’autore contemporaneo, prendendo dunque le distanze da possibili vecchie suggestioni legate alla tematica in esame (le derive sci-fi viste ne “Il Villaggio Dei Dannati” appartengono a un’altra galassia).
“The Innocents” lascia molte cose in sospeso, facendo leva soprattutto sull’ambiguità di questi bambini e sulla distanza siderale che intercorre tra loro e gli adulti: si tratta di due rette parallele destinate a non incontrarsi mai, uno schema rigido nel quale non è possibile neppure comprendere chi siano gli innocenti del titolo. Eskil Vogt, rispondendo alla domanda di un giornalista di Cineuropa, ci ha comunque offerto notevoli spunti per la riflessione (“puoi dire che un bambino fa una cosa cattiva, ma puoi dire che un bambino è cattivo? Si sta ancora sviluppando, sta raccogliendo empatia, compassione e morale, almeno si spera”). In effetti, questi pargoli, essendo ancora incompiuti, possono creare storie molto sfuggenti e particolari.
Tale terreno sperimentale ci permette di partecipare come testimoni oculari a dei momenti di svago che si tramutano in qualcosa di terribile: una scena in particolare, ci sbatte in faccia un sadismo fuori dal comune, una crudeltà gratuita che probabilmente farà urlare allo scandalo il pubblico meno preparato. Pur essendo finzione, “The Innocents” si nutre di realtà e di immaginazione, penetrando all’interno di un universo tanto nebuloso quanto straniante, la mente dei bambini. Un horror diverso e perverso, perciò migliore di tanti altri.

(Paolo Chemnitz)
