
di Dina Duma (Macedonia del Nord, 2021)
“While researching the world of adolescents, I learned that how they represent themselves on social media is more important than who they really are”. Nulla di nuovo sotto al sole, stando alle parole della giovane regista macedone Dina Duma. Non a caso, “Sestri” (“Sisterhood” nel titolo internazionale) è un film che potrebbe essere ambientato in qualunque altro posto del mondo, perché i teenager di Skopje non sono poi così diversi da quelli di Roma, di Tokyo o di New York.
A cambiare però sono le canzoni (oggi è tempo di trap) e i social network di riferimento: se infatti dieci anni fa a Belgrado si facevano strada le ultime fiammate della generazione YouTube (lo abbiamo visto con il controverso “Klip” di Maja Miloš), oggi si clicca direttamente su Instagram o su TikTok per ricevere consensi, approvazione o autostima. Ne sanno qualcosa Maya e Jana, due compagne di classe amiche per la pelle, nonostante il comportamento della prima sia spesso condizionato dalla presenza di questa seconda figura molto più spigliata e intraprendente (Maja, inoltre, proviene da un contesto familiare non proprio idilliaco).
L’età dell’adolescenza è piena di conflitti, a volte persino immotivati. Ripicche, piccole invidie, gelosie legate alla sfera sentimentale (le prime conquiste amorose), sono queste le ragioni che spingono le due protagoniste a filmare di nascosto una loro coetanea (Elena) intenta a praticare del sesso orale a un amico durante una festa. Quando il video viene pubblicato sui social, Elena si ritrova praticamente messa alla gogna davanti a tutti: è la dura legge del revenge porn (perché quella di Jana è solo una stupida vendetta), una vigliaccheria capace di distruggere la dignità di una persona.
“Sestri” (proiettato in anteprima italiana sugli schermi del Trieste Film Festival) si dimostra un’opera tutto sommato valida, specialmente durante una prima parte nella quale entriamo a gamba tesa nella quotidianità di questi ragazzi: i selfie più atroci, i balletti sulle orme dei loro idoli, la superficialità di relazioni ancora prive della giusta consapevolezza, dopotutto anche nella Macedonia dei giorni nostri si guarda altrove e si sogna attraverso un mondo virtuale. Una volta compiuto il misfatto, la pellicola tende invece a sfilacciarsi, lasciando per strada quella profonda carica da coming of age per fare spazio a una serie di dinamiche più intime e psicologiche (il rapporto tra Maja e Jana è curato a dovere, ma la narrazione scivola via in maniera meno appassionante).
Per il piccolo stato balcanico, “Sestri” si rivela comunque un film di indubbia rilevanza, proprio per la sua vocazione internazionale filtrata attraverso il dramma di una generazione priva di certezze e di punti di riferimento stabili. Skopje è solo l’angolo nascosto di un palcoscenico molto più grande.

(Paolo Chemnitz)
