
di Antoneta Alamat Kusijanović (Croazia/Slovenia/Stati Uniti, 2021)
Quando il fragile equilibrio di una famiglia viene messo in discussione dall’arrivo di un elemento esterno ad essa, le possibilità che il castello borghese possa crollare sono infinitamente alte. Questo leitmotiv lo abbiamo assaporato svariate volte nel cinema a noi caro, a cominciare dall’enigmatico “Teorema” (1968) di Pier Paolo Pasolini. Nel caso di “Murina” però, la seduzione si rivela soltanto un semplice contorno che accompagna un piatto ancora più forte, quello legato alle dinamiche di oppressione/sottomissione insite nel contesto familiare stesso.
Girato perlopiù nella splendida cornice dell’arcipelago delle Isole Kornati, “Murina” (prodotto anche da Martin Scorsese) si è aggiudicato a Cannes il premio Golden Camera come migliore opera prima. Se dunque in apparenza quello di Antoneta Alamat Kusijanović può sembrare l’ennesimo dramma familiare dalla trama già vista mille volte, l’ottima sceneggiatura (oltre a una manciata di validi interpreti) ci permettono di cambiare opinione nel giro di un lampo, quando veniamo catapultati dentro le acque incontaminate di questo angolo paradisiaco della Croazia.
Ante è un padre padrone: sua moglie Nela non fa altro che sottostare ai suoi ordini, così come sua figlia adolescente Julija (molto brava la giovane Gracija Filipovic), una ragazza chiusa spesso nel silenzio davanti al carattere arrogante e dominante di quell’uomo. Mentre i protagonisti si godono alcuni momenti di relax sotto al sole del mare Adriatico, Ante riceve come ospite un suo vecchio amico straniero (Javier) con il quale deve parlare di un succulento affare da concludere al più presto. La presenza di questo individuo scatena però in Nela e in Julija una reazione non semplice da gestire, visto che le due donne si sentono entrambe attratte da quel simpatico e affabile maschio latino. “Tu meriti di meglio” dice la ragazza alla madre, ma rompere le catene di un rapporto duraturo non è affatto facile, anche quando la situazione degenera in maniera plateale.
Come una murena che sguscia via sul fondale, Julija vorrebbe scappare via per sempre da quel padre tanto odiato: i rimproveri, le umiliazioni, le traumatiche punizioni (la ragazza viene anche chiusa a chiave dentro una stanza), sembra non esserci alcun modo per contrastare quella figura tanto viscida quanto sgradevole. A meno che Julija non si metta a nuotare, perché solo dentro l’acqua lei si sente invincibile e onnipotente, come una sirena libera da costrizioni (l’epilogo del film è puramente simbolico).
Se Antoneta Alamat Kusijanović avesse osato un po’ di più sugli aspetti psicologici e pruriginosi delle vicende, forse “Murina” sarebbe stato un film indimenticabile. Ma si tratta di una pellicola comunque di spessore, nella quale le atmosfere agrodolci tipicamente mediterranee entrano in perfetta sintonia con la frustrazione di due donne tenute al guinzaglio attraverso metodi intimidatori. Quando risuonano le note di un celebre brano di Patty Pravo, la regista croata ci conduce dritti nella mente della giovane e coraggiosa protagonista (“pensiero stupendo, nasce un poco strisciando, si potrebbe trattare di bisogno d’amore”). Almeno Julija, sa quello che deve fare per affrontare quell’ingrato destino.

(Paolo Chemnitz)
