2000: La Fine Dell’Uomo

di Cornel Wilde (Gran Bretagna, 1970)

Alla metà degli anni settanta, l’uomo aveva portato l’inquinamento della Terra al punto di una quasi irreparabile distruzione del suo habitat. Si era discusso molto sulla necessità di salvare il nostro pianeta, ma non si era fatto quasi niente di concreto”. Se oggi di queste problematiche ne parlano tutti (imprenditori, politici e mass media lo fanno specialmente per scrollarsi di dosso un senso di colpa ormai pesante come un macigno), un tempo soltanto il cinema, la musica, la letteratura e qualche intellettuale illuminato osavano profetizzare il nostro (nero) futuro.
“2000: La Fine Dell’Uomo” (molto più eloquente il titolo originale “No Blade Of Grass”) è un film tratto dal romanzo “La Morte Dell’Erba” dello scrittore britannico John Christopher: il regista Cornel Wild (pseudonimo di Kornél Lajos Weisz, chiare origini ungheresi) parte da questo soggetto, adattando una sceneggiatura per certi versi più semplice e diretta rispetto alla trama del libro.
Un virus misterioso sta distruggendo tutti i raccolti (colpa dei cinesi? Qualcuno nel film lo sospetta!). La gente ha fame, alcune sommosse stanno mettendo a ferro e fuoco le grandi città e dal terzo mondo arriva la notizia che le persone per sopravvivere si stanno dando al cannibalismo. All’interno di questa cornice tetra e pessimista, una famiglia londinese benestante decide di abbandonare la capitale per dirigersi verso una fattoria della Scozia: lì ad attenderli c’è un loro parente e forse solo in quel luogo essi saranno in grado di fronteggiare al meglio la carestia. Il percorso lungo le strade dell’Inghilterra rurale si rivela tuttavia impervio e non privo di sgradite sorprese, tra posti di blocco, imboscate, bande di motociclisti stupratori e un clima di costante tensione che mette a dura prova il viaggio dei protagonisti.
Bellum omnium contra omnes”, ovvero “la guerra di tutti contro tutti”. Durante la visione della pellicola, a tornare in mente è questa celebre frase di Thomas Hobbes, il quale aveva descritto lo stato di natura dell’essere umano come una situazione priva di regole in cui l’individuo, ormai senza legge, è mosso soltanto dall’istinto di sopravvivenza (dunque per lui diventa fondamentale eliminare o danneggiare chiunque possa rappresentare un ostacolo per il raggiungimento dei propri obiettivi). Ecco perché “2000: La Fine Dell’Uomo” è un film che anno dopo anno diventa sempre più attuale, l’ennesimo manifesto di un’apocalisse imminente anticipata dal caos più incontrollato (attenzione però, caos non significa affatto anarchia, termine spesso utilizzato a sproposito in occasioni di questo tipo).
Nonostante una regia molto grezza, una psicologia dei personaggi soltanto abbozzata e un approccio documentaristico meno determinante rispetto ad altre esperienze più o meno simili, “2000: La Fine Dell’Uomo” ha tutte le carte in regola per tenere incollati allo schermo i tanti appassionati di fantascienza apocalittica. Lo sguardo di Cornel Wild è cinico, disilluso e piuttosto violento per l’epoca, ulteriori motivi da prendere in seria considerazione per avvicinarsi senza timore a questo sottostimato road movie.

(Paolo Chemnitz)

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