Blow Out

di Brian De Palma (Stati Uniti, 1981)

Brian De Palma era in forma smagliante durante i primi anni ottanta. Se per l’intramontabile “Scarface” (1983) sarebbe opportuno aprire una parentesi a parte, le altre pellicole a cui ci riferiamo sono dei thriller che non hanno bisogno di presentazione: qualcuno però ha tentato di mettere in ombra “Blow Out”, sminuendone il valore in rapporto a due opere importanti come “Vestito Per Uccidere” (1980) e “Omicidio A Luci Rosse” (1984). Un errore imperdonabile, considerando che questo film del 1981 può contare su una prima mezzora stratosferica e su uno strepitoso epilogo (sotto i fuochi d’artificio) tragicamente amaro e beffardo. Senza contare l’incredibile regia di De Palma, il cui approccio estetico qui rasenta praticamente la perfezione.
L’incipit è ingannevole, anche perché c’è un assassino a caccia di donzelle che sembra volerci rimandare al cinema slasher tanto in voga in quel periodo: in realtà davanti a quello schermo c’è Jack (John Travolta), un tecnico del suono che lavora per i b-movie (tra le tante locandine presenti nello studio, la telecamera si sofferma più volte su quella di “Squirm”). Una notte, mentre l’uomo sta campionando degli effetti all’interno di una zona isolata della città (Philadelphia), un’automobile sterza improvvisamente cadendo in un torrente. Il protagonista non solo riesce a captare e registrare quei rumori, ma subito dopo si tuffa nell’acqua portando in salvo una ragazza di nome Sally (Nancy Allen, all’epoca sposata col regista). Nulla da fare invece per il conducente del mezzo, ovvero il governatore candidato alle elezioni presidenziali. Grazie alla sua esperienza nel settore, Jack si rende conto che su quel nastro si può avvertire uno sparo e che molto probabilmente ci sono delle trame oscure che minacciano la politica americana.
“Blow Out” non è però un thriller politico, anche se il complotto di fondo ci può velatamente suggerire tutto questo: l’indagine privata portata avanti da Jack è infatti ben lontana dal mondo delle poltrone che contano, un panorama qui soppiantato da caotiche intrusioni giornalistiche e dal rapporto per certi versi bizzarro tra il protagonista e la svampita Sally (nel mediocre doppiaggio in italiano questa giovane sembra un’oca senza cervello).
La trama di “Blow Out” non è comunque di primaria importanza e viene persino sacrificata nella fase centrale del film, quando De Palma lascia spazio a qualche divagazione tutto sommato superflua. A tenere banco sono però le magnifiche atmosfere notturne, a cominciare dalle scene in cui Jack è intento a registrare gli effetti sonori (in qualche frangente torna in mente persino il cinema di Dario Argento). Queste magiche suggestioni sono avvalorate da una padronanza tecnica strabiliante, tra piani sequenza, gli immancabili split screen e un ritmo più sostenuto del solito, complice anche la giusta tensione psicologica che investe i vari personaggi.
In questa occasione, il regista americano si libera virtualmente della pesante influenza di Hitchcock, virando su altri riferimenti non meno importanti: Francis Ford Coppola (“La Conversazione”) su tutti, senza dimenticare il nostro Antonioni (“Blow Out” è un discendente diretto di “Blow-Up”). “It’s a good scream, it’s a good scream”, non serve aggiungere altro.

(Paolo Chemnitz)

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