
di Herschell Gordon Lewis (Stati Uniti, 1963)
Il cinema splatter duro e puro parte da qui, almeno in occidente. Giusto allora girare a colori (il sangue deve risaltare a dovere!), in netta controtendenza rispetto a quelle pellicole gotiche in bianco e nero che tanto spopolavano all’inizio dei 60s. Chi se ne frega dunque delle atmosfere notturne o dei castelli spettrali, quando nel tuo curriculum hai già sondato con svariati titoli il mercato exploitation (il sodalizio tra Herschell Gordon Lewis e il produttore David F. Friedman riscosse all’epoca molto successo).
Diciamolo però chiaramente, “Blood Feast” è un filmaccio sotto svariati punti di vista, una pellicola piena di errori (dalla regia al montaggio) che riesce persino ad annoiare nonostante una durata piuttosto contenuta (sessantasette minuti). Niente a che vedere quindi con il miracolo compiuto soltanto un anno dopo (“Two Thousand Maniacs!” al confronto è un capolavoro) o nel 1972 con “The Gore Gore Girls”, un’altra pellicola diretta da Lewis di cui abbiamo piacevoli ricordi.
Tuttavia “Blood Feast” è il principio che ha posto le fondamenta di un genere, è un banchetto di sangue dove saltano subito all’occhio gli effettacci artigianali realizzati utilizzando interiora di animali (inclusa la lingua di una pecora). Passa quindi in secondo piano una storia abbastanza sciocca in cui un tizio improbabile (chiamato Fuad Ramses) ammazza delle giovani donne in modo tale da riportare in vita la dea Ishtar: a tal proposito, fanno sorridere i vari pseudo-riferimenti all’antico Egitto, quando in realtà Ishtar era una divinità appartenente alla mitologia assiro-babilonese. Ma anche in questo caso, chi se ne frega.
Nonostante un cast di bassa lega, una narrazione da sbadiglio cronico e una confezione generale degna del peggior cinema di serie zeta, “Blood Feast” è diventato un titolo di culto, spesso censurato (soprattutto nei paesi anglosassoni) per via della sua rappresentazione pornografica della violenza. L’orrore qui non va più ricercato nel delitto in quanto tale, ma nella sua brutale raffigurazione (i corpi martoriati, gli ettolitri di sangue finto, i brillanti cromatismi a dir poco fondamentali per esaltare queste immagini per l’epoca inedite).
Guardatelo almeno una volta nella vita questo film di Herschell Gordon Lewis, senza fare troppo caso alle mille imperfezioni di cui sopra: la lungimiranza del regista, la sua consapevolezza e la sua autoironia (il finale è definitivamente trash!) sono prerogative che bisogna premiare a prescindere, al di là di una valutazione irrimediabilmente bassa che potrebbe far storcere il naso a qualcuno. Se per noi “Two Thousand Maniacs!” è un must assoluto di gran lunga superiore, “Blood Feast” è un semplice aperitivo a cui non si può dire di no, il classico so bad it’s so good da buttare giù in un colpo solo, come un bicchierino di whisky invecchiato persino male. Con buona pace di Stephen King, secondo cui questa pellicola è il peggior horror mai realizzato in tanti decenni di cinema.

(Paolo Chemnitz)

Be’ come darti torto…
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