
di Hwang Dong-Hyuk (Corea del Sud, 2011)
Cosa diavolo stava combinando dieci anni fa il regista/sceneggiatore della celebratissima serie “Squid Game”? Possiamo parlare di un vero e proprio salto mortale nel passato, poiché nel 2011 Hwang Dong-Hyuk aveva appena realizzato un film drammatico tra i più dolorosi e strazianti mai girati in Corea del Sud, “Silenced” (da noi all’epoca premiato al Far East Film Festival di Udine).
La pellicola prende corpo attraverso le pagine di un best-seller a sua volta ispirato a una storia vera accaduta nel 2005, quando in una scuola per bambini non udenti vennero alla luce una serie di orribili casi di molestie e di abusi sessuali. È il professor Kang (Gong Yoo) – appena trasferitosi da Seul per insegnare arte in questo piccolo istituto di provincia – a denunciare i vari misfatti, mettendosi contro il preside stesso della scuola e la polizia, ovviamente corrotta per l’occasione. Viene così a galla qualcosa di allucinante: non solo pedofilia, ma anche percosse e torture nei confronti di questi indifesi minori, per un tetro clima di terrore che ci accompagna per buona parte della visione. In attesa del processo.
Se durante la prima ora del film possiamo tranquillamente parlare di mezzo capolavoro, durante la seconda metà dell’opera Hwang Dong-Hyuk lascia troppo spazio ai risvolti giuridici della faccenda, scadendo sovente nel didascalico. Ciò tuttavia non intacca più di tanto la carica emozionale di questo lungometraggio, un prodotto nel quale soffriamo insieme a questi piccoli protagonisti (tutti attori eccellenti, nessuno escluso), vivendo insieme a loro una tragedia nella tragedia: le lacrime amare che scendono giù durante le scene della confessione (con l’ausilio della lingua dei segni coreana) sono infatti più potenti di un pugno nello stomaco, una testimonianza atroce che non lascia dubbi sulla cattiveria e sull’infamia di questi esseri perversi chiamati persino uomini.
Per fortuna il cinema ha anche un’utilità sociale, non a caso dopo l’uscita del film, in Corea fu promulgata una legge in difesa dei bambini coinvolti in casi di violenza sessuale (non era la prima volta che venivano denunciati degli episodi di pedofilia nei confronti di minori sordomuti). In “Silenced” è proprio il silenzio a parlare più di qualunque altra cosa, un silenzio assordante e sgradevole davanti al quale non si può rimanere indifferenti. Ecco perché questa pellicola genera nausea, sdegno e tanta amarezza, anche dopo una seconda visione a distanza di molti anni.

(Paolo Chemnitz)
