
di Justin Kurzel (Australia, 2021)
Tra i massacri più sanguinosi della storia compiuti da una singola persona, quello di Port Arthur (in Tasmania) ha davvero lasciato delle cicatrici indelebili. Era il 1996 quando un giovane di nome Martin Bryant uccise a colpi d’arma da fuoco trentacinque persone in varie località di questo sobborgo. Tempo dopo, gli approfondimenti psichiatrici stabilirono che Martin aveva un quoziente intellettivo pari a quello di un ragazzino di undici anni.
Due lustri dopo la felice esperienza di “Snowtown” (2011), Justin Kurzel torna a parlarci del cuore marcio dell’Australia contemporanea, puntando i riflettori su un personaggio in particolare: Martin qui però diventa Nitram, una scelta dettata dal desiderio di non sbattere direttamente il mostro in prima pagina, evitando anche qualsiasi spettacolarizzazione gratuita della violenza (la strage non viene mostrata ma soltanto suggerita, un po’ come aveva già fatto Tim Sutton per il suo “Dark Night”).
“Nitram” parte comunque da un passato lontano, raccontandoci della passione del protagonista per i fuochi pirotecnici, del suo controverso rapporto con la madre (lei molto protettiva, al contrario di un padre smidollato e permissivo) e di una svolta capace di cambiare per sempre la vita del ragazzo. Egli infatti conosce una donna molto ricca di nome Helen, una signora di età avanzata senza marito né figli: questa bizzarra e fortunata frequentazione permette al giovane di potersi comprare qualsiasi cosa, persino delle armi. Più scorrono i minuti, più la tensione si materializza concretamente (notevole è la ricostruzione dell’incidente automobilistico), anche perché durante la mezzora conclusiva del film cominciamo a respirare un clima davvero pesante, l’anticamera di un tragico evento in procinto di devastare l’apparente serenità di quel luogo.
Seppur privo della cappa opprimente e malsana che aveva contraddistinto il pregevole “Snowtown”, “Nitram” ha una carta molto importante da giocare, quella di un personaggio disagiato divinamente interpretato da Caleb Landry Jones (premiato come miglior attore a Cannes nel 2021). La sua caratterizzazione è pressoché perfetta, non a caso Justin Kurzel non solo delinea uno status di continua emarginazione e solitudine, ma riesce persino ad ampliarne le suggestioni grazie a una minuziosa descrizione del paesaggio circostante (ci troviamo in un anonimo sobborgo di Hobart, la capitale di questo stato federato). La critica sociale alla fine non ricade sul singolo individuo, bensì sulla possibilità di procurarsi pistole o fucili in maniera così semplice (nonostante le restrizioni avvenute in seguito al massacro, in Australia non ci sono stati mai dei grandi progressi in tal senso).
“Nitram” rappresenta così un’altra bella occasione per scoprire il talento del regista australiano, il cui stile asciutto e distaccato è un valore aggiunto del quale bisogna assolutamente tenere conto. Insieme a “Snowtown”, questo è il miglior Kurzel di sempre.

(Paolo Chemnitz)
