Endgame – Bronx Lotta Finale

di Joe D’Amato (Italia, 1983)

È il 1983 quando Joe D’Amato approda momentaneamente al cinema post-apocalittico, realizzando due film appartenenti a un filone abbastanza popolare durante quel periodo: se però con “Anno 2020 – I Gladiatori Del Futuro” (diretto a quattro mani con l’amico Eastman/Montefiori) c’è ben poco da ricordare, è con “Endgame – Bronx Lotta Finale” che lo zio Aristide riesce a deliziarci con qualche discreta intuizione, al di là di una sconsolante povertà scenografica (il Bronx è ridotto a un paio di capannoni dismessi) che penalizza inesorabilmente molti aspetti della pellicola.
Le vicende sono ambientate nel 2025, in un’epoca nella quale le persone seguono in diretta televisiva un terribile gioco dove una preda deve sfuggire ai suoi cacciatori (per vincere, bisogna ucciderli tutti). La preda è Shannon (Al Cliver è doppiato dalla stessa voce italiana di Clint Eastwood), mentre attorno a lui conosciamo un gruppo di guerrieri (tra cui l’immancabile George Eastman), di mutanti muniti di poteri telepatici (Laura Gemser è Lilith) e di spietati militari, guarda caso simili a dei soldati nazisti in tenuta post-atomica. Ne scaturisce una lunga avventura non priva di fantasiose illuminazioni, tra battaglie, imboscate e trappole mortali, fino allo scontro decisivo contro le autorità in divisa.
Si capisce fin da subito che alla regia c’è Joe D’Amato (Steven Benson in questa occasione), perché “Endgame” vive di continue contaminazioni tra diversi generi: non solo action dunque, ma anche western, fantascienza e horror (la prima scena, con tanto di topi che banchettano su un cadavere putrefatto, è un biglietto da visita 100% Aristide Massaccesi). Inoltre, bisogna aggiungere un cast di fedelissimi piuttosto affiatato (scordatevi però la Gemser senza veli!), tra cui compare anche un giovane Michele Soavi non accreditato.
Nonostante il budget risicato a disposizione, Joe D’Amato compie un mezzo miracolo sfiorando per poco la sufficienza: è lecito perciò chiedersi cosa sarebbe riuscito a proporci il regista romano se solo avesse avuto a disposizione qualche soldino in più. Senza dubbio non avremmo visto furgoncini della Fiat trasformati in mezzi di trasporto apocalittici oppure personaggi vestiti con gli avanzi della Caritas, ma in fondo è pur sempre cinema bis e se ci piace, è anche per questo motivo. Infine, non possiamo trascurare l’idea distopica che c’è alla base della pellicola, con citazioni più o meno attendibili che toccano sia Elio Petri (“La Decima Vittima”) che Stephen King (il romanzo fantascientifico “The Running Man”, pubblicato originariamente nel 1982). Ridendo e scherzando, Joe D’Amato è riuscito ad anticipare in parte persino un film come “L’Implacabile” (1987), ispirato proprio all’opera di King. Sarà pure povero, ma “Endgame” ha comunque la sua dignità.

(Paolo Chemnitz)

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