The Other Lamb

di Małgorzata Szumowska (Irlanda/Belgio, 2019)

Małgorzata Szumowska è una regista ormai conosciuta e apprezzata non solo in terra polacca (del precedente “Mug”, uscito anche in Italia, ne abbiamo parlato a suo tempo). Da lei era dunque lecito attendersi uno step ulteriore in ambito internazionale, un’occasione che si è materializzata di recente con questo “The Other Lamb”, il primo lungometraggio della Szumowska girato in lingua inglese (le riprese sono state effettuate nella verde Irlanda).
In un bosco incontaminato lontano dalla civiltà, è presente una sorta di comune guidata da un leader carismatico (Michiel Huisman è il Pastore). Insieme a lui, vivono alcune donne divise in due gruppi: quelle più grandi (vestite di rosso) sono le mogli, mentre quelle più giovani (in abiti azzurri) sono dette le figlie (queste ultime sono nate dai rapporti sessuali che il Pastore ha avuto con le prime). Non ci viene spiegato quasi nulla, anche se non è difficile intuire i significati reconditi alla base di questa setta, fondata sul peccato (la donna fertile si macchia di una colpa per via del ciclo mestruale) contrapposto al potere maschile (il patriarcato). Durante il fatidico passaggio alla fase adulta, è la protagonista del film (Raffey Cassidy interpreta Selah) a tentare di sovvertire l’ordine precostituito.
Nonostante delle premesse tutt’altro che malvage, “The Other Lamb” si sviluppa attorno a un plot praticamente impalpabile, per una storia a tratti davvero noiosa e soporifera. La buona regia e gli affascinanti accostamenti cromatici da soli non bastano a salvare la barca dal naufragio, anche perché sono gli stessi personaggi (per giunta antipatici) a comunicarci pochissimo, persi nel loro freddo e ridondante distacco. “The Other Lamb” scivola così nell’indifferenza generale, tra mille sbadigli e un sussulto che purtroppo si manifesta soltanto nella parte conclusiva, quando almeno l’epilogo riesce a chiudere il cerchio in maniera compiuta.
Concettualmente parlando, ci troviamo davanti a una parabola femminista indissolubilmente connessa con una forte critica nei confronti della religione. Se la donna viene sottomessa o se diventa persino inutile una volta cresciuta, il responsabile è uno solo: è il Pastore, una figura cristologica che riesce a dettare legge intimorendo le sue adepte ma soprattutto manipolandole a suo piacimento. Un’idea su cui la regista polacca poteva lavorare con maggior efficacia, magari spingendo l’acceleratore sul versante horror, qui ridotto invece a semplici parentesi visionarie prive del giusto peso specifico. Se dunque in partenza Małgorzata Szumowska era attesa da un possibile salto di qualità, il risultato complessivo di questo “The Other Lamb” altro non è che una brusca frenata, un passaggio a vuoto determinato da una quasi totale mancanza di forma e di sostanza.

(Paolo Chemnitz)

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