The Night House

di David Bruckner (Stati Uniti/Gran Bretagna, 2020)

David Bruckner sta facendo strada, non a caso a lui è stata affidata la regia di “Hellraiser” (2022), un reboot al momento in fase di post-produzione su cui già si sta discutendo moltissimo (anche solo per il fatto che nel ruolo di Pinhead questa volta troveremo un’attrice!). Se con “Il Rituale” (2017) Bruckner aveva ottenuto (senza strafare) buoni risultati, il tocco d’autore presente in “The Night House – La Casa Oscura” mette in mostra le lecite ambizioni di un regista indubbiamente talentuoso. Una prerogativa che tuttavia non basta per superare la prova a pieni voti.
La protagonista assoluta del film è Beth (Rebecca Hall è in forma smagliante), una donna rimasta vedova in seguito al tragico suicidio del marito. Se di giorno la vita di Beth prosegue attraverso una faticosa quanto inevitabile elaborazione del lutto, il trauma si riaffaccia puntualmente ogni notte, quando il suo sonno viene disturbato da continui rumori o da altri inquietanti segnali legati proprio alla scomparsa del coniuge. Una partenza dunque molto suggestiva e pregna di atmosfere sinistre, in cui risalta anche la solitudine (mentale e fisica) di Beth, spesso confinata all’interno di una grande dimora isolata nel verde che il regista riesce a valorizzare in maniera ottimale (il film è stato girato in una zona lacustre a nord di New York). Presto però la situazione degenera, poiché la protagonista comincia a indagare sull’oscuro passato del marito.

Le dinamiche iniziali del film puntano esclusivamente sulla tensione narrativa e su alcune sequenze alquanto creepy, all’interno di un contesto in cui David Bruckner è bravo nel sapersi giocare con parsimonia ogni carta presente nel mazzo. Quando però la pellicola rivela i suoi intrighi più impenetrabili, i conti non tornano al cento per cento, lasciando spazio a una seconda parte meno brillante anche dal punto di vista dello script: questi nodi vengono al pettine dal momento in cui “The Night House” fa esplodere i tanti indizi accumulati in precedenza, mostrandoci la sua vera e complessa natura: ecco che così dall’horror sovrannaturale passiamo al thriller metafisico, uno spostamento non di facile lettura dove la tematica del doppio prende letteralmente il sopravvento (la figura di Madelyne), senza dimenticare un non trascurabile substrato occulto-rituale che ricopre di ulteriore mistero tali accadimenti.
Esteticamente parlando, “The Night House” si ritaglia meritatamente il suo spazio all’interno del cinema horror contemporaneo, puntando su una regia di valore e su una confezione generale ben al di sopra della media. Risulta tuttavia discutibile la scelta di buttare troppa carne sul fuoco, rendendo di fatto ingestibile lo sviluppo degli eventi: una presunzione di fondo che penalizza non poco il risultato finale di un lungometraggio che avrebbe potuto regalarci grandi soddisfazioni. Se la morte ha mille volti, “The Night House” ne ha ancora di più.

(Paolo Chemnitz)

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