L’Ossessa

di Mario Gariazzo (Italia, 1974)

Stella Carnacina (attrice e cantante classe 1955) ce la ricordiamo benissimo in questo horror demoniaco diretto da Mario Gariazzo, quando la protagonista non aveva ancora compiuto vent’anni. Il regista teneva in grande considerazione questa ragazza (arrivò a definirla come una possibile nuova Anna Magnani), catapultandola sul set di un film dove è proprio lei a salvare il salvabile, considerando il livello piuttosto infimo della pellicola.
Al di là dei soliti e inutili paragoni con “L’Esorcista” (avrebbe più senso sparare sulla croce rossa), “L’Ossessa” è un film che funziona soltanto nella parte iniziale, quando Daniela, una restauratrice interpretata proprio dalla Carnacina, viene posseduta carnalmente da un ladrone raffigurato su un crocifisso di legno (un reperto ritrovato in una vecchia chiesa sconsacrata) che si anima all’improvviso. La scena è molto suggestiva e dà il via a una serie di nefandezze che stravolgono l’esistenza della ragazza in esame, almeno fino all’intervento di un prete (Luigi Pistilli è Padre Zeno) che tenta di esorcizzarla.
C’è quasi più erotismo che horror tra i fotogrammi dell’opera, non a caso si rivela alquanto curioso il siparietto sadomaso tra la mamma di Daniela e il suo amante, il quale riesce a eccitarla colpendola ripetutamente con un mazzo di rose. Ma i pruriti sessuali non si esauriscono qui, poiché in seguito è la protagonista a finire al centro di alcune situazioni scabrose, in un connubio non troppo fantasioso tra possessione diabolica e ninfomania.
Stella Carnacina urla, vomita tante schifezze colorate e qua e là improvvisa con una certa libertà, cavandosela alla meno peggio all’interno di un cast sfruttato con poca convinzione (dall’abisso salviamo pure il ghigno satanico del buon Ivan Rassimov). Ma il nulla cosmico emerge soprattutto altrove, colpa di un budget prossimo allo zero e di una sceneggiatura davvero noiosa, uno script totalmente incapace di dare una scossa alle vicende. Inoltre, il livello di trash non è neppure paragonabile a quello che vedremo da lì a poco in pellicole più o meno simili del cinema demoniaco italiano: una considerazione che ha del paradossale ma che in realtà testimonia quanto “L’Ossessa” sia un lavoro non eccessivamente curioso e non eccessivamente bizzarro, un b-movie che dunque tende a prendersi troppo sul serio, perdendo il confronto anche con film obiettivamente peggiori (meglio farsi quattro risate con certe opere che sfociano nel ridicolo involontario, tipo “Malabimba”).

(Paolo Chemnitz)

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