
di Alex Noyer (Finlandia/Stati Uniti, 2021)
Il regista e sceneggiatore di origine finlandese Alex Noyer, partendo dalle incoraggianti intuizioni del cortometraggio “Conductor” (2018), ha realizzato un horror tra i più originali del 2021, almeno sulla carta. Le idee, seppur confuse, non lasciano dubbi al riguardo. “Sound Of Violence” mette in scena l’affascinante rapporto tra musica e violenza: bastano infatti poche note per stimolare il nostro cervello, perché un brano può farci rilassare e/o concentrare ma può anche eccitarci come una droga (durante la guerra del Golfo, i soldati americani venivano fomentati a dovere con i pezzi degli Slayer).
“Mi chiamo Alexis. Quando ascolto certi suoni, non li sento e basta, io li vedo. La prima volta che accadde, tutta la mia vita cambiò”. È la protagonista a parlare, oggi una ragazza apparentemente realizzata che lavora nel mondo della musica ma un tempo una bimba rimasta traumatizzata da un terribile delitto. Proprio quando il padre massacrò la moglie davanti ai suoi occhi, la piccola Alexis riuscì a recuperare l’udito che aveva perso anni prima, cominciando a sviluppare delle abilità sensoriali sinestetiche. Toccare dunque i suoni con mano, percepire attorno i loro colori, raggiungendo una sorta di beatitudine mentale (tuttavia inscindibile dalla brutalità e dalla violenza dei suoni stessi). Come accade quando Alexis – in compagnia della sua inseparabile amica Marie – conduce un esperimento sonoro, registrando il rumore delle frustate di una dominatrice sadomaso e chiedendo alla mistress di colpire sempre più forte il povero malcapitato ormai sanguinante. L’appetito vien mangiando, ecco perché “Sound Of Violence” si trasforma rapidamente in una sorta di slasher sui generis, un crescendo di intensità emotiva collegato a una serie di omicidi a dir poco fantasiosi, tutti ovviamente connessi con la musica.
Le buone notizie però terminano qui, perché l’ingegno della giovane finisce presto per scontrarsi con una storia poco chiara, dove non sembra esserci posto né per la costruzione narrativa (il plot procede per accumulo di situazioni) né per uno studio approfondito relativo al trauma iniziale della protagonista (per fortuna Jasmin Savoy Brown se la cava discretamente nei panni di Alexis).
Far collimare una pellicola di questo genere con il fenomeno neurologico della sinestesia è un’impresa ardua già in partenza. Alex Noyer ha avuto coraggio nel provarci ma lo ha fatto con l’inesperienza di un debuttante, considerando l’eccessiva disinvoltura del suo operato, dove l’horror e la psicologia sembrano andare a braccetto in maniera fin troppo leggera e superficiale. Alla fine sono i sadici e bizzarri delitti ad alzare il voto complessivo del film: senza dubbio con un body count più succulento e con un plot curato a dovere sarebbero cambiate tante cose, dunque non resta che accontentarsi di quelle tre-quattro scene cult degne della peggiore mente malata.

(Paolo Chemnitz)
