Mon Père, Le Diable

di Ellie Foumbi (Stati Uniti/Francia, 2021)

“Mon Père, Le Diable” (“Our Father, The Devil” nella denominazione anglofona) è stato da poco presentato a Venezia nella sezione Biennale College Cinema: questo progetto punta a supportare i giovani cineasti al loro primo o secondo lungometraggio, sovvenzionando le loro opere con un budget di centocinquantamila euro. Ellie Foumbi, regista originaria del Camerun, ha potuto sfruttare questa occasione realizzando il suo film nel biennio 2019-2020. Ne parliamo volentieri perché si tratta di un revenge movie atipico, dove il sentimento di vendetta viene messo in discussione da una redenzione inaspettata. Un fuoco incrociato destinato a far riflettere profondamente.
Marie, una rifugiata africana, oggi lavora come cuoca in una piccola casa di cura situata a ridosso delle Alpi francesi: da ragazzina, era stata violentata e aveva assistito impotente al saccheggio del suo villaggio, mentre davanti ai suoi occhi la sua famiglia veniva massacrata. Tanti anni dopo, proprio nella sua clinica, si affaccia un prete chiamato per dare sollievo alle persone ricoverate. Quell’uomo benvoluto da tutti Marie lo conosce bene, egli è infatti lo stesso aguzzino che aveva distrutto la sua fanciullezza. Una volta rapito e rinchiuso dentro una baita, questo prete cerca di far capire alla protagonista di non essere più quel sadico soldato addestrato per uccidere, ma per Marie non è facile superare il trauma e perdonare lo spietato assassino (nel frattempo sottoposto a varie torture e umiliazioni).
La pellicola funziona soprattutto per via di questo confronto privo di certezze, dove la negazione iniziale viene presto sostituita dall’ammissione della colpa e dal tentativo di espiazione dei propri peccati. Dopotutto le persone possono cambiare e possono migliorare, anche se non è facile cancellare gli atroci crimini commessi con un semplice soffio di vento. Ecco che così il pentimento si scontra inesorabilmente con il desiderio di giustizia privata, lasciandoci spesso in dubbio sulle possibili evoluzioni del film (il punto di forza di “Mon Père, Le Diable” è legato all’imprevedibilità del suo sviluppo).
Purtroppo il budget limitato aggira quasi completamente le dinamiche più ferali dell’opera, lasciando spesso fuoricampo le ritorsioni messe in atto dalla donna, un rancore tuttavia discretamente valorizzato da una caratterizzazione interessante del personaggio. Al contrario, convince poco l’avventura parallela tra Marie e il suo amico spasimante, una deriva sentimentale che corre di pari passo alla storia principale, senza però aggiungere nulla al suo contenuto: possiamo tuttavia dedurre che anche Marie deve fare i conti con la sua testa, ormai persa dentro un baratro da cui non è affatto facile venir fuori (“sono cattiva, non l’hai ancora capito?”).
Per Ellie Foumbi questo piccolo thriller rappresenta un incoraggiante punto di partenza, perché al di là delle inevitabili incertezze ed ingenuità, “Mon Père, Le Diable” è un esordio che varca abbondantemente la soglia della sufficienza.

(Paolo Chemnitz)

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