Penda’s Fen

di Alan Clarke (Gran Bretagna, 1974) 

Alan Clarke (1935-1990) ha sempre avuto un rapporto privilegiato con il piccolo schermo, soprattutto durante gli anni settanta, quando egli realizzò numerosi film televisivi e miniserie per la BBC. Prima ancora del controverso “Scum” (1979) o del celebre “Made In Britain” (1982), il regista di Liverpool girò ben undici puntate della serie antologica “Play For Today”, andata in onda dal 1970 fino al 1984. Tra queste, “Penda’s Fen” merita senza dubbio un approfondimento, anche solo per le sue tematiche tanto affascinanti quanto ermetiche.
L’opera segue la quotidianità del giovane Stephen Franklin, un ragazzino inizialmente ancorato ai dogmi della sua nazione (la religione, l’esercito per servire la patria) ma poi capace di imboccare un sentiero alternativo, scoprendo la propria (omo)sessualità e l’oscuro nonché demonizzato passato della sua terra, un tempo culla del paganesimo (“la religione primitiva dei villaggi e dei campi”). Stephen quindi non solo riesce a mettere in discussione se stesso, perché attraverso l’incontro con angeli e demoni (oltre che con un padre Reverendo), il giovane intraprende un percorso iniziatico volto a rinnegare un presente storico falso e ostile (“il nostro capo non è Hitler, Stalin o Mao, ma è la nostra classe dirigente. Le loro facce rosa e grasse cominciano persino a somigliarsi”). L’apparizione di Penda suggella questo viaggio pregno di significati esoterici, nella migliore tradizione anglosassone (“la nostra terra deve vivere. Questa terra che amiamo deve vivere. La sua fiamma profonda e scura non deve mai morire. Io e tutti i guardiani della sua fiamma siamo stati cacciati dalla nostra casa, ma la fiamma guizza ancora nella palude. Tu sei segnato per custodire questo. Stephen sii segreto, bambino sii strano, oscuro, vero, impuro e dissonante”).
“Penda’s Fen” rappresenta una delle esperienze più visionarie e sovversive del cinema d’oltremanica degli anni settanta, un coming of age che si autodetermina soltanto attraverso il confronto con la natura e la tradizione pre-cristiana, minando dunque le presunte conquiste sociali ed economiche di un’Inghilterra sempre più borghese e ipocrita. Stephen, forse l’ultimo messia prescelto, incarna una speranza di rinascita per Albione, una speranza che tuttavia non può essere raggiunta tramite una strada maestra: la via non è tracciata, perché è il caos che illumina il protagonista, mostrandogli una possibilità lontana da ogni certezza precostituita.
Questi novanta minuti di visione racchiudono in un sol colpo diverse sfumature, passando dal dramma post-adolescenziale a quello di un’intera nazione, qui messa in discussione da un folklore mai così vivo nella memoria dei disobbedienti, un disegno primordiale costantemente suggerito dagli arcani e misteriosi paesaggi rurali delle campagne inglesi. Ma c’è anche spazio per qualche puntata in territori horror, soprattutto per via di alcune scene al limite del weird (come quella dei bambini a cui vengono mozzate le mani). “Penda’s Fen” è dunque un prodotto assolutamente ammaliante, un film stratificato che agisce su più livelli (onirici e reali), consegnandoci l’ennesimo affresco di un’Inghilterra magica e occulta, quella che da sempre continua a manifestarsi attraverso le più svariate discipline artistiche (cinema, musica e letteratura).

(Paolo Chemnitz)

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