Dead & Buried

di Gary Sherman (Stati Uniti, 1981)

Tra i (pochi) film diretti da Gary Sherman, “Dead & Buried” (o se preferite, “Morti e Sepolti”) è quello che ricordiamo con maggior piacere: si tratta di un horror in parte sottovalutato, un lavoro per giunta uscito durante un periodo in cui sia i produttori che il pubblico preferivano guardare altrove (nel 1981 c’è la slasher mania). È importante dunque riaffermare il valore indiscutibile di questa pellicola, un buon diversivo all’interno del cinema dei morti viventi, considerando che qui non si nota alcuna differenza tra chi è vivo e chi è defunto (il raccapricciante twist conclusivo suggella al meglio questo particolare).
Tutte le vicende di svolgono nella piccola località costiera di Potters Bluff, un posto dove gli abitanti non sembrano affatto ospitali nei confronti dei forestieri (l’incipit è magnificamente beffardo). Chiunque finisca in paese, muore assediato in circostanze misteriose, una situazione che presto mette in guardia lo sceriffo Gillis, l’unico personaggio realmente interessato a capire cosa si nasconda dietro queste sinistre uccisioni: in questo caso non c’è bisogno di rivelare altri aspetti della trama, poiché “Dead & Buried” è il classico film che non spreca neppure un minuto del suo tempo, avvolgendo lo spettatore all’interno di una storia sempre più oscura e minacciosa.

La pellicola può contare su svariati punti di forza: prima di tutto bisogna rimarcare un’ottima sceneggiatura (firmata anche da Dan O’Bannon, reduce dal grande successo di “Alien”), senza dimenticare le intriganti atmosfere che ammantano questo sperduto paesino adagiato sull’oceano, un luogo non troppo dissimile da quello in cui Carpenter (soltanto alcuni mesi prima) ambientò “The Fog” (1980). A tal proposito, una delle scene più terrorizzanti del film è girata proprio in mezzo alla nebbia, un tributo piuttosto evidente al succitato e celebre horror del vecchio John. Un’altra fonte di ispirazione ci riporta inoltre al cult “Messiah Of Evil” (1973), un’esperienza straniante ancora una volta legata a una cittadina costiera sul Pacifico (non sono poche le raggelanti suggestioni in comune tra queste due opere).
Il ritmo blando non deve ingannare, anche perché “Dead & Buried” è un diesel capace di viaggiare a pieno regime soprattutto durante la seconda parte, quando una serie di agghiaccianti indizi cominciano a farci scattare il fatidico campanello d’allarme. Ma non è tutto, poiché gli indispensabili momenti di quiete sono spezzati da alcune sequenze veramente audaci, dove il regista americano sembra persino divertirsi nel mostrarci un certo sadismo (si passa da una siringa infilata in un occhio all’acido introdotto nelle narici di un povero malcapitato). Sia chiaro, “Dead & Buried” non è un capolavoro, però è un horror capace di sorprendere minuto dopo minuto: qui non ci si può fidare proprio di nessuno, che angoscia.

(Paolo Chemnitz)

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