
di Lew Lehman (Canada, 1981)
All’inizio degli anni ottanta non tutti i registi erano impegnati nel giro slasher. Lew Lehman fu uno di questi, anche se “The Pit” (produzione canadese ma riprese effettuate in Wisconsin) rimase il suo primo e ultimo lavoro dietro la mdp. Si tratta di un horror (dai contorni drammatici) piuttosto curioso per l’epoca, un’opera dove il disagio di un ragazzino emarginato dai suoi coetanei si trasforma in una vendetta alquanto weird (la fossa suggerita dal titolo nasconde qualcosa di anomalo e mostruoso).
La preadolescenza di Jamie non è affatto semplice: questo giovane è solitario, viene deriso un po’ da tutti e l’unico amico con cui riesce a scambiare due parole è un orsacchiotto di peluche di nome Teddy. Quando un giorno il nostro biondo protagonista si imbatte in una grande buca in mezzo alla foresta, la scoperta è stupefacente, poiché là sotto si celano dei pelosi subumani (chiamati per l’occasione trogloditi o trogs) affamati come dei leoni in gabbia. Jamie allora prima ruba dei soldi per comprare un po’ di carne in macelleria, ma poi si rende conto che in quella fossa si possono anche far cadere tutte le persone a lui ostili. Una svolta senza dubbio bizzarra.
Se inizialmente il regista lascia spazio (con buoni risultati) all’approfondimento psicologico del ragazzo, la seconda parte del film lascia invece correre un approccio horror purtroppo meno appagante, soprattutto per via degli insormontabili limiti di budget: questi antropofagi infatti si vedono poco (sembrano dei cugini di secondo grado di Chewbacca!), così come il sangue, un contorno moderatamente presente che avrebbe potuto regalarci grandi soddisfazioni (osservare da vicino questo macabro banchetto sarebbe stato molto più divertente). Tuttavia “The Pit” merita assolutamente una riscoperta, anche solo per la sua componente morbosa (Jamie è innamorato di una donna adulta) e per la follia di fondo di cui è intriso ogni suo dannato fotogramma (i personaggi sono strambi oltre che infami, come ad esempio l’antipaticissima bambina sulla bicicletta).
In realtà la sceneggiatura di Ian Stuart fu modificata dal regista in maniera piuttosto repentina: queste creature infatti dovevano vivere soltanto nella testa di Jamie, ma Lew Lehman optò per un orrore tangibile e reale, allentando qua e là la tensione invece di insistere sulle turbe mentali del protagonista. “The Pit” è dunque meno cupo rispetto alle premesse ed è un peccato che la sua componente horror sia stata sfruttata con eccessiva fretta e superficialità. Ciò comunque non toglie neppure una virgola al fascino malsano del film, un’opera abbastanza sui generis capace di bypassare con discreta disinvoltura il trend slasher che imperava durante quel periodo.

(Paolo Chemnitz)
