La Casa Delle Mele Mature

di Pino Tosini (Italia, 1971)

Scavando nei meandri più nascosti del cinema italiano, siamo riusciti a recuperare questo film del 1971 praticamente sconosciuto, un dramma incentrato sulla triste realtà dei manicomi italiani. Prima della chiusura di queste strutture, avvenuta soltanto nel 1978 con l’approvazione della legge Basaglia, chiunque fosse ai margini della società rischiava di essere internato dentro un ospedale psichiatrico (dagli alienati mentali fino alle donne e agli omosessuali). Allargando il discorso, basterebbe aver letto “Storia Della Follia Nell’Età Classica” di Michel Foucault per conoscere a fondo le origini di questa profonda discriminazione sociale.
“La Casa Delle Mele Mature” parte subito a briglie sciolte, con le immagini di un elettroshock: oltre a questo controverso trattamento terapeutico, il manicomio è sinonimo di solitudine, di sporcizia e di percosse. Un mondo abbandonato a se stesso nel quale conosciamo due donne, Judy Dominici (Erika Blanc) e Marisa Cosentini (Marcella Michelangeli). Quest’ultima (rimasta traumatizzata in tenera età) è seguita da un marito attento e premuroso, mentre Judy, rinchiusa lì dentro a causa di una vita sregolata, ha un destino segnato che sembra remarle contro: per preservare infatti l’onore della famiglia, suo fratello si disinteressa completamente a lei, lasciandola in balìa di quella triste condizione. Fino all’inevitabile tragedia.
Pino Tosini scrive e dirige un film abbastanza confuso, dove qua e là vengono buttate in mezzo con poca lucidità delle tematiche post-sessantottine. Ci troviamo nel 1971 e non potrebbe essere altrimenti, ma è anche vero che in più di un’occasione il rischio è quello di far perdere la bussola allo spettatore, affossando la tanto auspicata ma incompiuta riflessione sociale. Questo quadretto poco rassicurante viene persino peggiorato da un montaggio privo di qualsiasi logica e dall’inserimento di alcune scene erotiche infilate a caso nella storia (l’utilizzo di filtri colorati ci permette di assaporare uno strambo flavour psichedelico). A tenere in piedi la baracca è però un finale veramente feroce e drammatico, un epilogo nero e disperato che suggella la valida interpretazione delle due protagoniste.
Girato e ambientato a Reggio Emilia, “La Casa Delle Mele Mature” non merita tuttavia di finire nel dimenticatoio come purtroppo è avvenuto in questi cinquant’anni: se da un lato si tratta di un film concettualmente approssimativo e realizzato in maniera grossolana, è pur sempre vero che siamo davanti a una testimonianza storica che non dovrebbe mai farci smettere di riflettere, ripensando soprattutto a quelle famiglie che preferivano abbandonare qualche loro caro all’interno di queste strutture piuttosto che affrontare l’ipotetico imbarazzo davanti al disagio di tali soggetti. La vergogna del diverso, l’ennesima macchia di una presunta umanità che spesso ha voltato le spalle alla solidarietà. Argomenti di indubbio interesse che avrebbero meritato una sorte migliore (qualche soldino in più e un regista di spessore).

(Paolo Chemnitz)

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