Ratcatcher

di Lynne Ramsay (Gran Bretagna/Francia, 1999)

Durante il 1973, un prolungato sciopero dei netturbini mise in ginocchio la città di Glasgow, costringendo la popolazione a convivere con una situazione igienica a dir poco allarmante: la regista Lynne Ramsay, originaria proprio della città scozzese, ripercorre quei momenti attraverso questo brillante esordio, un film che per certi versi potremmo accostare a “Gummo” (1997) di Harmony Korine, nonostante l’assenza di qualsiasi elemento weird o straniante. Qui infatti a prevalere è un realismo sociale ben delineato (con qualche timido affondo documentaristico), nella migliore tradizione british (il veterano Ken Loach è un punto di riferimento non trascurabile).
James è un ragazzino che trascorre le giornate in mezzo alla strada, giocando lungo un canale che potremmo definire una fogna a cielo aperto. Attraverso i suoi occhi, siamo testimoni di molti accadimenti: un coetaneo affoga proprio tra queste luride acque, mentre un gruppo di bulli prende di mira una giovane poco più grande di lui (la sessualità di questi piccoli protagonisti è vissuta in maniera tanto promiscua quanto ingenua). Nel frattempo, conosciamo la famiglia di James, persone semplici e povere che sognano un futuro migliore. Là fuori però c’è un mondo che sta andando in putrefazione, tra tonnellate di rifiuti ammassati per le strade, ratti di ogni dimensione, pidocchi che si attaccano alla testa e un grigiore generale che lascia tuttavia spazio a una timida speranza (la metafora del topolino che viaggia verso la luna oppure il campo di spighe finalmente baciato da un raggio di sole).
Che siano topi o giovani adolescenti, poco cambia: Lynne Ramsey sembra quasi voler far combaciare la squallida esistenza degli esseri umani con quella degli onnipresenti roditori, dopotutto la quotidianità di “Ratcatcher” è un continuo sguazzare nel degrado, una condanna che ha anche un odore nauseabondo. Il film non sviluppa affatto la sua componente narrativa, concentrandosi al contrario sulla drammaticità dei luoghi e permettendoci di sprofondare al meglio nella periferia di un importante agglomerato urbano da sempre percepito come problematico e controverso. A tal proposito, qui l’accento scozzese è davvero incomprensibile, perciò munitevi di sottotitoli poiché afferrare soltanto un minimo dialogo è un’impresa impossibile (negli States la pellicola è uscita proprio con i sub, altrimenti persino gli americani non sarebbero stati in grado di capirla).
“Ratcatcher” è dunque un debutto di tutto rispetto a cui mancano forse un paio di mattoncini (la storia è ridotta a una serie di situazioni cicliche) per competere con altre pellicole dello stesso tenore: Lynne Ramsey comunque dimostra fin da subito di possedere del talento anche nella direzione degli attori, una spiccata personalità dietro la mdp che poi abbiamo visto risplendere nel suo vero apice cinematografico “…E Ora Parliamo Di Kevin” del 2011. Una regista purtroppo poco prolifica, al momento ferma a soli quattro lungometraggi in ben venticinque anni di carriera. Tutti però da vedere, senza ombra di dubbio.

(Paolo Chemnitz)

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