Your Name Is Justine

di Franco De Peña (Lussemburgo/Polonia, 2005)

Forse è solo una coincidenza, forse non lo è: sta di fatto che tre anni dopo il devastante “Lilja 4-Ever” (2002) di Lukas Moodysson, esce questa coproduzione tra Lussemburgo e Polonia che sembra quasi ricalcarne le vicende. Ancora una volta, la ricerca della felicità è destinata a naufragare nella tragedia e nell’inganno. Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Ma una povera ragazza ingenua e innamorata come la protagonista Mariola non avrebbe mai potuto immaginare un destino così atroce.
Una convincente Anna Cieslak interpreta questa giovane polacca, in procinto di partire per Colonia insieme al suo fidanzato tedesco Artur. Le prime fasi del film sono molto interessanti, poiché ci permettono di apprezzare la purezza d’animo di questa piccola fanciulla (Mariola vive da sola con la nonna ed è la classica brava ragazza). Quando di notte il viaggio in automobile fa tappa a Berlino, la coppia si ferma presso dei presunti amici di lui: una volta entrati dentro uno squallido appartamento, Artur cambia letteralmente faccia, lasciando (in cambio di una grossa ricompensa) l’indifesa Mariola nelle mani di un trio di spietati aguzzini. Viviamo delle fasi di pura angoscia, perché la violenza (sia fisica che psicologica) prende immediatamente il sopravvento, tra stupri, percosse e umiliazioni. Mariola non esiste più, adesso è solo una prostituta che si chiama Justine (un nome che guarda caso rimanda direttamente alle disavventure della virtù di sadiana memoria).
Recitato in ben tre lingue diverse (polacco, tedesco e inglese), “Your Name Is Justine” (“Masz Na Imie Justine”) è un film davvero privo di speranza, dove per l’ennesima volta la cattiveria umana è capace di annichilire le persone più deboli senza mostrare alcun segno di pentimento. Tuttavia la storia lascia aperto uno spiraglio di luce, un fuoco di paglia incarnato da uno dei carcerieri della ragazza, l’ambiguo Niko (nel suo ruolo troviamo Arno Frisch, attore cresciuto alla corte di Michael Haneke prima con “Benny’s Video” e poi con “Funny Games”). Da una prima parte tanto drammatica quanto efficace passiamo dunque a una seconda metà di marca thriller, dove purtroppo non è difficile incontrare qualche forzatura nello script: il regista di origini venezuelane Franco De Peña si lascia sfuggire le redini dell’opera proprio sul più bello, caricando di azione una pellicola che al contrario avrebbe meritato di proseguire sugli spietati binari del disturbing drama.
La confezione generale non è un granché (la fotografia è troppo scialba e soffre di un approccio televisivo), è chiaro perciò che davanti all’inevitabile paragone con “Lilja 4-Ever”, questo “Your Name Is Justine” ne esca abbastanza ridimensionato: non che sia un brutto film, questo è poco ma sicuro, ma si tratta comunque di un lungometraggio che poteva esplodere utilizzando ingredienti molto più compatibili con la realtà, senza dover per forza ricorrere a degli improvvisi capovolgimenti di fronte. Se lo trovate, dategli tuttavia uno sguardo, anche solo per la sua rara carica di malvagità e disprezzo.

(Paolo Chemnitz)

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