
di Christoph Schlingensief (Germania, 1992)
La carriera di Christoph Schlingensief non sarebbe stata tale senza una profonda riflessione sulla contemporaneità del suo paese, il cui momento cruciale (il crollo del muro di Berlino) fu motivo di grande fermento nella testa di questo regista. Una nazione dunque da studiare, da analizzare e da criticare senza mezzi termini, soprattutto alla luce della grande disparità tra est e ovest e di una crescente xenofobia figlia di quel controverso passato mai definitivamente sopito.
“Terror 2000 – Intensivstation Deutschland” è l’ultimo capitolo della famigerata German Trilogy, tre pellicole provocatorie e violente che si riagganciano proprio a quanto detto sopra: con “100 Jahre Adolf Hitler” (1989) e “Das Deutsche Kettensägen Massaker” (1990) Christoph Schlingensief si era aperto spudoratamente a queste riflessioni, pensieri successivamente portati all’esasperazione grazie a questo “Terror 2000”, un film senza capo né coda eppure capace di spingere la satira sociale e politica ben oltre la realtà tangibile.
La trama? Non pervenuta, tranne un flebile filo conduttore che ci permette di conoscere un assistente sociale incaricato di condurre una famiglia polacca verso un centro per immigrati (posto nella piccola cittadina di Rassau). Questi individui vengono però rapiti durante un blitz condotto da alcuni esaltati di estrema destra, un gruppo di persone che in alcuni casi agisce sotto mentite spoglie (Udo Kier interpreta un prete poco raccomandabile). Tocca a un investigatore e a sua moglie fare luce sull’accaduto, ma Rassau è un covo di matti, roba che potrebbe persino far impallidire gli abitanti di Tromaville.
Il regista tedesco (morto di tumore nel 2010) qui cede all’anarchia più totale, alternando il grottesco (a volte tornano in mente certe assurdità viste in “Sweet Movie”) alla parodia, anche quando entrano in gioco dei fattori più estremi (splatter e dissolutezze varie). Un gran casino molto difficile da mandare giù, tuttavia pregno di un disprezzo mai visto nei confronti dell’identità tedesca: Christoph Schlingensief è infatti schifato dalla classe media post-unificazione, poiché secondo lui ogni cittadino può diventare da un momento all’altro l’ennesimo carnefice, spostando la linea dell’orrore dal passato al presente (il regista fu inoltre un aspro contestatore dell’allora cancelliere Helmut Kohl).
Nonostante un tale attacco frontale sia palesemente debitore del pensiero fassbinderiano (la borghesia post-nazista), il cinema di Christoph Schlingensief soffre di troppi eccessi non sempre funzionali alla causa: trash a profusione, personaggi spesso al di sopra delle righe e un approccio fin troppo teatrale che alla lunga tende a sgonfiare le idee messe sul piatto (guarda caso, durante l’anno successivo, Schlingensief debutterà proprio come drammaturgo e regista di teatro). Resta comunque da apprezzare la carica inesorabilmente sovversiva di questa pellicola, un prodotto dove non mancano di certo i lampi di genio. Più curioso che riuscito, “Terror 2000” è un cinema che dà profondamente fastidio. In Germania ne sanno qualcosa.

(Paolo Chemnitz)
