I Tre Volti Della Paura

di Mario Bava (Italia/Francia, 1963)

“I Tre Volti Della Paura” è senza dubbio uno dei film più conosciuti tra quelli diretti da Mario Bava, non tanto per il valore effettivo dell’opera (i ricavi al botteghino furono persino modesti), quanto per la sua influenza negli anni a venire. Un caso eclatante fu quello dei leggendari Black Sabbath, i quali scelsero di chiamarsi così ispirati proprio dalla pellicola di Bava (che in lingua inglese si intitola per l’appunto “Black Sabbath”).
La simpatica presentazione affidata a Boris Karloff (l’attore britannico lo ritroviamo anche nel secondo episodio del film) sembra davvero appartenere a un’altra epoca: nonostante “I Tre Volti Della Paura” sia un prodotto diviso in tre diversi segmenti, l’impronta del regista è sempre la stessa, dunque bisogna subito rimarcare la netta differenza tra un’opera del genere e i tanti minestroni diretti a più mani che oggi invece vanno tanto di moda. La pellicola è senza dubbio disomogenea, in quanto si passa dal thriller del primo frammento (“Il Telefono”) al gotico di ambientazione storica del secondo (“I Wurdalak”), fino a toccare l’horror puro nel terzo episodio “La Goccia D’Acqua”, una prerogativa che tuttavia ha un suo filo conduttore ben preciso, soprattutto da un punto di vista estetico (impeccabile la fotografia).
L’ordine in cui sono state poste le tre storie non è affatto casuale, “I Tre Volti Della Paura” è infatti un film in crescendo che paga una prima parte per certi versi innocua (se escludiamo il sottinteso legame lesbo tra le due protagoniste) per poi evolversi notevolmente già con il secondo episodio, dove le atmosfere mozzafiato prendono decisamente il sopravvento. “I Wurdalak” è tratto da un racconto di Aleksej  Tolstòj (cugino di secondo grado del più celebre Lev Tolstòj) ed è un intrigante affondo nel folklore slavo, una storia di vampiri poi ripresa in maniera sempre convincente dal nostro Giorgio Ferroni per il suo “La Notte Dei Diavoli” (1972).
Con il terzo e ultimo frammento la pellicola raggiunge il suo apice: stavolta il soggetto nasce da un racconto di Anton Čechov, per una storia terrorizzante nella quale la vera protagonista è una medium appena morta, il cui spirito inizia a perseguitare la donna di servizio chiamata per la vestizione del cadavere, tale Helen Chester. L’idea di rubare l’anello dal corpo della vittima si rivela una vera e propria maledizione, destinata a ripetersi ciclicamente anche in futuro. L’immagine di quel viso consumato dalla morte è entrata negli annali del cinema horror, un volto per certi versi grottesco riconosciuto universalmente come uno dei simboli assoluti dell’opera baviana. Ma non è tutto, perché il finale de “I Tre Volti Della Paura” è un dissacrante contenitore di metacinema nel quale Mario Bava gioca con se stesso, mostrando un’autoironia fuori dal comune, un colpo di coda impossibile da prevedere fino a pochi minuti prima.
Preso dunque nel suo insieme, questo lungometraggio non è affatto un capolavoro ma è capace di regalarci dei momenti unici e irripetibili all’interno della filmografia del regista ligure, soprattutto a livello iconografico. Bava comunque crea, sperimenta e dirige con grande bravura, tracciando nuovi percorsi per il cinema di genere italiano: ecco perché “I Tre Volti Della Paura” è un film da amare incondizionatamente, a prescindere da tutto.

(Paolo Chemnitz)

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2 thoughts on “I Tre Volti Della Paura

  1. L’horror italiano ha dato capolavori che sono stati celebrati e saccheggiati da decine,centinaia di registi nel mondo. La mio top 15 è
    1)suspiria argento
    2)operazione paura bava
    3)profondo rosso argento
    4) la casa dalle finestre che ridono avati
    5)L’aldilà fulci
    6)il profumo della signora in nero barilli
    7)la corta notte delle bambole di vetro lado
    8)chi sei? Assonitis
    9)i tre volti della paura bava
    10)solamente nero bido
    11)inferno argento
    12)quella villa accanto al cimitero fulci
    13) danza macabra margheriti
    14)l’ultimo uomo della terra ragona
    15) oltre il guado bianchini

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