
di Timothy Covell (Stati Uniti, 2021)
La quarantunesima edizione dello storico Fantafestival romano si sta avviando alla conclusione con meritato successo, attraverso una formula ibrida sia in presenza che on-line capace di attirare l’attenzione del pubblico su più livelli. Un segnale incoraggiante di speranza e di ripartenza. Per quanto riguarda il programma della rassegna, si è invece optato per un’alternanza tra succulente anteprime nazionali e vecchi titoli da riscoprire, con un occhio di riguardo per alcuni lungometraggi provenienti dall’ex blocco sovietico.
Cominciamo però con una novità, ovvero con “Blood Conscious”, il classico horror indipendente americano lontano miglia dai tanti prodotti fatti con lo stampino che hanno ripreso ad affollare le nostre sale cinematografiche. Un film dunque originale, dove nel cast troviamo un personaggio chiave del panorama indie statunitense, quel Nick Damici già attore e sceneggiatore di apprezzate pellicole di genere (dal road movie apocalittico “Stake Land” al torbido e inquietante “Cold In July”), oltre che produttore esecutivo della serie “Hap And Leonard”.
Kevin, sua sorella maggiore Brittney e il fidanzato di lei Tony partono per un tranquillo weekend in riva al lago, verso un luogo incontaminato dove vivono i genitori dei due consanguinei: una volta sul posto i tre però non trovano nessuno ad accoglierli, un’atmosfera spettrale che tuttavia viene rotta dall’arrivo di un personaggio completamente fuori di testa (il succitato Damici), autore di una strage dopo aver constatato che quegli abitanti (guarda caso tutti di colore) altro non erano che demoni.
Con un budget alquanto limitato ma con un manipolo di attori indubbiamente bravi, l’esordiente regista Timothy Covell mette in scena un lungometraggio breve (circa ottanta minuti) ma efficace, dove il dubbio prevale su ogni cosa. Esattamente come accade ai vari protagonisti, anche noi viviamo in costante apprensione l’evolversi delle vicende, domandandoci se in quel circondario ci siano davvero delle creature demoniache o se invece è la paranoia a essersi impossessata di quel folle assassino. Nonostante una location circoscritta che riecheggia i vecchi orrori nel bosco del primo Sam Raimi, “Blood Conscious” non si riduce soltanto a un semplice cinema d’assedio, perché la molla principale qui scatta per via di un chiaro riferimento di taglio sociale (sotto questo aspetto, Covell sembra voler salire in punta di piedi sul carro del thriller americano all black, quello che recentemente sta alimentando un vero e proprio filone). Segniamoci dunque il nome di questo regista, oggi già abbastanza spavaldo nel saper mantenere salde le dinamiche di una storia che solo sulla carta poteva sembrare banale o già vista.

(Paolo Chemnitz)
