Night In Paradise

di Park Hoon-Jung (Corea del Sud, 2020)

Già passato in rassegna fuori concorso al Festival di Venezia 2020 (quello per pochi intimi), “Night In Paradise” ha finalmente raggiunto un pubblico più vasto grazie all’interesse di Netflix. Dietro la macchina da presa ritroviamo una nostra vecchia conoscenza, ovvero quel Park Hoon-Jung già sceneggiatore dello straripante “I Saw The Devil” (2010) ma poi anche regista di vari thriller/noir (tra questi, possiamo menzionare “New World” o il più recente “V.I.P.”).
L’impronta coreana non lascia dubbi al riguardo, ancora una volta è infatti il tema della vendetta a trascinare in un vicolo cieco questo manipolo di personaggi senza speranza. Tae Gu è il protagonista, un gangster in fuga verso l’isola di Jeju dopo un regolamento di conti tra bande finito male (la scena all’interno della sauna rappresenta un ottimo biglietto da visita). Qui l’uomo conosce la giovane Jae Yeon, una ragazza dalla mira infallibile purtroppo destinata a morire in tempi brevi (la malattia terminale accomuna le due principali figure femminili del film). Nel frattempo, sia gli scagnozzi della gang rivale che il suo vecchio capo (vigliacco e traditore) si mettono sulle sue tracce, in attesa di un finale scoppiettante dove la violenza più becera prende il sopravvento persino sulla poetica stessa dell’opera: perché se è vero che l’aspetto melodrammatico non tarda a emergere nelle varie parentesi di calma apparente, tale sensibilità rimane tuttavia repressa e soffocata per l’intero svolgimento del film (una scelta che premia la caratterizzazione tutt’altro che banale dei due protagonisti, un’attrazione/repulsione tra Tae Gu e Jae Yon che il regista lascia giustamente in sospeso).
Con “Night In Paradise” c’è poco spazio per l’effetto novità, questo è fuori da ogni dubbio: a un argomento portante ovviamente derivativo e spremuto oltremisura negli anni corrisponde comunque una confezione di alto livello, una cornice estetica impeccabile all’interno della quale si muove un cast veramente in palla (la visione in lingua originale è obbligatoria). Come al solito il minutaggio si rivela eccessivo, ma con il cinema coreano siamo ormai abituati a tutto, anche a dover chiudere un occhio sulle solite esagerazioni (alcune sequenze action sono veramente fuori dalla realtà) e su un plot fin troppo schematico (i lunghi momenti di pausa anticipano il consueto bagno di sangue, con tanto di pestaggi e di sparatorie che travalicano l’idea stessa di thriller estremo).
Tirando le somme, per Park Hoon-Jung questo “Night In Paradise” rappresenta un discreto balzo in avanti rispetto al passato: il regista oggi sembra molto più consapevole dei propri mezzi, come se avesse finalmente trovato la sua dimensione ideale all’interno del genere di riferimento. Violenza, vendetta e sadismo a profusione, ma anche una nera apatia dei sentimenti che ben si adatta al pessimismo generale di cui è intrisa la pellicola. Un mix imperfetto ma a tratti devastante.

(Paolo Chemnitz)

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