Vanishing Point

di Richard C. Sarafian (Stati Uniti, 1971)

“Vanishing Point” (da noi “Punto Zero”) è un road movie del 1971 che meriterebbe di stare molto più alto in un’ipotetica scala di valori legata ai film di culto usciti a cavallo tra i 60s e i 70s. Nessuno vuole mettere in discussione “Easy Rider” (1969), però l’opera di Richard C. Sarafian potrebbe tranquillamente essere lì, accanto a quel monumento cinematografico firmato Dennis Hopper (per giunta citato in una scena di questa pellicola). Parliamo dunque di un viaggio e del tema della ribellione, dove stavolta al posto delle motociclette c’è una Dodge Challenger bianca che ha fatto epoca (forse non come l’indimenticabile Ford Mustang guidata da Steve McQueen in “Bullitt”, ma poco ci manca).
Barry Newman è Kowalski, un ex poliziotto e veterano del Vietnam che oggi lavora per una ditta di trasporto auto con sede a Denver, in Colorado. L’uomo ha un passato tormentato che ancora lo assilla e probabilmente non ha più nulla da perdere, ecco perché di punto in bianco egli accetta una scommessa con uno spacciatore, mettendosi alla guida del succitato bolide alla volta di San Francisco (non prima di essersi imbottito di benzedrina). La sua corsa senza freni verso la California diventa una fuga dalla vita e dalle regole imposte dalla società: anche se la polizia cerca di fermarlo in tutti i modi, Kowalski tira dritto con le buone o le cattive maniere, aiutato lungo il percorso da una serie di curiosi incontri e da un disc jockey non vedente che gli tiene compagnia grazie al suo programma radiofonico. Quando la caccia al protagonista diventa sempre più serrata, è lo stesso Kowalski a decidere del suo destino.

This radio station was named Kowalski, in honour of the last American hero to whom speed means freedom of the soul”. “Vanishing Point” è un vero inno alla libertà, non è difficile infatti far collimare le gesta del nostro antieroe al significato più puro della parola anarchia, un termine che in primo luogo contempla il rifiuto di qualsiasi autorità o costrizione esterna: Kowalski detesta l’operato dei suoi ex colleghi (c’è un flashback molto eloquente al riguardo) e proprio contro i poliziotti ingaggia un duello tra le sterminate strade che attraversano l’arido Nevada. A tal proposito, l’utilizzo del campo lungo si rivela un’arma vincente, perché se da un lato la trama risulta inevitabilmente esile, sono le suggestioni del territorio a regalarci degli squarci di cinema a dir poco indimenticabili (la bella colonna sonora spiccatamente rock può solo accompagnare).
Se tra di voi c’è qualche fan degli scozzesi Primal Scream, “Vanishing Point” è anche il titolo di un loro album uscito nel 1997, omaggio dichiarato alla pellicola di Sarafian: questo per dire che non tutti si sono dimenticati del film (Quentin Tarantino ne è un grande estimatore), anche se la strada è ancora lunga per arrivare a un riconoscimento universale del valore di questo lungometraggio. “Vanishing Point” è la fotografia perfetta di un magico periodo della storia del cinema, un’opera che ci permette di volare tra le distese di un’America incontaminata, per un viaggio da vivere fino in fondo, fino alla morte.

(Paolo Chemnitz)

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