Mørke

di Jannik Johansen (Danimarca, 2005)

Da tempo il cinema danese è una realtà consolidata su più livelli, a cominciare da quei registi di fama internazionale che continuano a sfornare ottimi film a ripetizione (l’ultimo dei quali è “Another Round” di Thomas Vinterberg, vincitore dell’Oscar come migliore pellicola straniera). Se però scendiamo di un paio di gradini, troviamo una serie di prodotti poco conosciuti ma di tutto rispetto, come ad esempio questo “Mørke” (o se preferite “Murk”), un thriller dagli oscuri riflessi drammatici girato quasi interamente in un vero villaggio dello Jutland (chiamato appunto Mørke, termine che curiosamente in lingua danese significa oscurità).
Nonostante Julie sia una donna sfortunata (è condannata a vivere sulla sedia a rotelle per via di un danno cerebrale permanente), un uomo di nome Anker si innamora di lei e decide di sposarla: dopo la festa accade però la tragedia, in quanto Julie viene ritrovata proprio dal neo-marito in una pozza di sangue, con le vene tagliate. Suicidio? Sembra di sì, eppure il fratello della vittima (un giornalista di nome Jakob) comincia a sospettare sugli strani comportamenti di Anker, un personaggio piuttosto ambiguo che sembra nascondere più di un segreto. Jakob si mette dunque sulle sue tracce, ritrovandolo in una sperduta zona rurale della Danimarca.
“Mørke” tratta degli argomenti molto scomodi, parlandoci di morte, di dolore e di cosa può provare una persona che soffre di un grave handicap fisico. Tematiche che salgono alla ribalta durante queste due ore decisamente opprimenti, dove il duello psicologico tra i due protagonisti diventa quasi più importante dell’indagine stessa, un viaggio contorto negli orrori di una mente umana destinato a mietere nuove e raggelanti disgrazie. La location isolata, la fotografia plumbea, per essere un film nordico non possiamo assolutamente lamentarci delle atmosfere, altro aspetto fondamentale di un’opera che con il trascorrere dei minuti diventa sempre più cupa e priva di speranza.
Jakob è interpretato da un discreto Nikolaj Lie Kaas (i suoi genitori si suicidarono quando egli era ancora un ragazzino), mentre nel ruolo di Anker troviamo un ispirato e impassibile Nicolas Bro, poi finito anche alla corte di Lars Von Trier. Due attori che abbiamo rivisto insieme sia nel morboso “Beast” (2011) che nel più recente “Men & Chicken” (2015). Il loro drammatico rapporto è la chiave di volta per entrare a gamba tesa nelle profondità di una pellicola tutt’altro che banale, un lavoro che almeno per tre quarti del suo svolgimento si rivela quasi impeccabile, per poi cedere in una parte conclusiva dove qualche forzatura nello script ci priva della tanto agognata ciliegina sulla torta. Nulla di compromettente, perché “Mørke” è un film da vedere senza dubbio alcuno, un salto nel buio che ci permette di esplorare l’ennesima sfaccettatura inquietante del nostro amato cinema di confine.

(Paolo Chemnitz)

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