
di Ti West (Stati Uniti, 2009)
Un regista indipendente che ci manca parecchio è Ti West, purtroppo da anni finito nel mondo delle serie televisive (forse in seguito al mezzo flop del western “Nella Valle Della Violenza”, un trascurabile prodotto da lui diretto nel 2016). Il tris rappresentato da “The House Of The Devil” (2009), “The Innkeepers” (2011) e “The Sacrament” (2013) è infatti di tutto rispetto, tre film che almeno all’epoca hanno permesso al regista del Delaware di farsi conoscere e apprezzare dagli appassionati di tutto il mondo.
Oggi andiamo alla riscoperta di un horror che ogni nostalgico del cinema dei primi anni ottanta dovrebbe vedere. L’operazione vintage di “The House Of The Devil” comincia fin dai titoli di testa e prosegue poi con il periodo storico in cui è ambientato il film, una ricostruzione molto curata anche nell’abbigliamento e nelle acconciature dei personaggi. La protagonista dell’opera è Samantha, una giovane studentessa in cerca di lavoro che trova un annuncio per fare la babysitter: in realtà la sua mansione consiste nel trascorrere alcune ore in una vecchia villa isolata (mentre i padroni di casa sono fuori), un impegno pagato profumatamente fin troppo bello per essere vero (“this one night changes everything for me”). Anche perché è in corso un’eclissi lunare e proprio durante quella notte i satanisti compiono i loro spietati rituali di sangue.

Con il cinema di Ti West non bisogna mai avere fretta. I tempi narrativi anche qui sono diluiti con molta attenzione, non a caso una prima fase preparativa di quasi assoluta tranquillità viene poi sostituita da un crescendo di tensione sempre più acuto, in cui il regista mette in circolo le paure ataviche più ricorrenti (l’oscurità oppure il rumore sospetto all’interno di un’abitazione). Un accumulo di indizi che già a partire dal titolo del film ci permette di capire a quale destino andrà incontro Samantha.
Ti West riporta in vita alcune suggestioni perdute del vecchio cinema di Roman Polanski, alimentando un passato che funziona a meraviglia sia negli interpreti che nelle atmosfere (è la casa stessa a incutere timore). Segreti rivelati con il contagocce che esplodono improvvisamente in un epilogo splatter quasi inaspettato: paradossalmente, proprio gli ultimi venti minuti di “The House Of The Devil” si rivelano fin troppo differenti da quanto visto in precedenza, uno stacco repentino in questo caso molto più vicino alla modernità del cinema horror di nuova generazione. Ma c’è veramente poco da rimproverare a West, un piccolo mago nella costruzione del climax e tra i più promettenti registi indie americani almeno fino a pochi anni fa. Lo aspettiamo al varco, dovesse mai decidersi di ritornare in pista con qualche filmetto ispirato come questo.

(Paolo Chemnitz)
