The Dry

di Robert Connolly (Australia/Stati Uniti, 2020)

“The Dry” in patria è stato un successo annunciato, considerando che tra questi fotogrammi ci sono tutti gli ingredienti che hanno reso celebre un certo tipo di cinema australiano, quello più torbido e misterioso ambientato nelle zone più retrograde del paese. Un crime movie dunque molto legato alla tradizione, sotto alcuni aspetti non del tutto originale ma sicuramente ben sceneggiato dal regista Robert Connolly e dai suoi collaboratori (il soggetto prende ispirazione dall’omonimo romanzo di Jane Harper).
Dopo tantissimi anni di assenza, l’agente federale Aaron Falk (Eric Bana) torna nella piccola località in cui era cresciuto da ragazzino per partecipare al funerale del suo migliore amico d’infanzia (Luke), ritrovato morto suicida dopo aver massacrato la famiglia. Tuttavia in questa strage sono molti i particolari che non convincono, motivo per il quale Aaron decide di restare per qualche giorno in paese, scontrandosi con la diffidenza e con l’omertà dei bifolchi del posto (“pensi di ottenere la verità in una città come questa?”). Per il protagonista ha così inizio un’indagine personale nel cuore di questa comunità, mentre nella sua testa riaffiorano i ricordi di una precedente disgrazia accaduta lì in passato, un altro suicidio fatto passare per tale di una studentessa di cui Aaron era infatuato. Un intreccio inizialmente complesso ma poi ben gestito dal regista australiano, con un piglio sempre in bilico tra thriller investigativo, mystery e cinema drammatico.
La cittadina dove si svolgono le vicende è un luogo abbandonato dal mondo, lontano dall’oceano e costantemente minacciato dagli incendi (da queste parti la siccità sembra aver prosciugato ogni forma di umanità, anche lo stesso Aaron è un soggetto molto freddo e distaccato). Un panorama desolante quasi da film western, non a caso le suggestioni presenti in “The Dry” ci rimandano immediatamente a un classico assoluto del cinema aussie, ovvero l’intramontabile “Wake In Fright” del 1971: c’è una locanda dove gli uomini bevono, giocano e si azzuffano, c’è un individuo che arriva dalla metropoli il cui destino si incrocia inesorabilmente con quello degli autoctoni e infine se nel film di Ted Kotcheff si cacciavano i canguri, qui si spara ai conigli. “The Dry” segue dunque una scia già tracciata, incollandoci allo schermo per quasi due ore grazie a una narrazione molto fitta e coinvolgente, nella quale i numerosi flashback ci permettono di ricostruire gli eventi lasciando spesso nel dubbio le nostre supposizioni.
Anche se “The Dry” è una pellicola che di certo non sconvolge le regole del genere, non possiamo che applaudire davanti all’ottimo approfondimento dei vari personaggi (i cui rapporti risultano spesso falsi e deviati), un valore aggiunto che ci prende per mano catapultandoci in questa terra di nessuno prosciugata dal sole, un luogo dove ogni mistero è stato sepolto a dovere in modo tale che la comunità intera possa espiare le proprie colpe senza sporcarsi le mani. Meglio non curiosare, anche se Aaron Falk fa esattamente il contrario, mettendosi nei guai. Da vedere.

(Paolo Chemnitz)

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