
di Christos Nikou (Grecia/Polonia/Slovenia, 2020)
Se è vero che Christos Nikou (qui esordiente) ha mosso i suoi primi passi come assistente alla regia per “Dogtooth” (2009) di Yorgos Lanthimos, non sono poi così tanti i punti in comune tra i due registi: “Apples” infatti prende decisamente le distanze da quel cinismo weird che ha fatto grandi molte opere della new wave ellenica, scegliendo invece un percorso più sobrio e intimista, da alcuni già apprezzato lo scorso anno durante l’edizione 2020 del Festival di Venezia.
Non deve neppure trarre in inganno l’ipotetica pandemia associata alle prime immagini del film, in quanto Christos Nikou ha scritto la sceneggiatura molti anni fa, quando stava cercando di elaborare il lutto per la scomparsa del padre, provando a dimenticare quei momenti per lui drammatici. I ricordi, la memoria, la perdita, alla base di “Apples” c’è una profonda riflessione su questi aspetti inscindibili dalla nostra realtà, elementi che nel film vengono completamente destrutturati per fare spazio a un nuovo inizio: esattamente quello che succede al protagonista Aris (un ottimo Aris Servetalis), un uomo che si ritrova sperduto al capolinea di un tram, privato di ogni punto di riferimento. Tuttavia per questi smemorati c’è un programma di recupero atto a creare un’identità ex novo, una ripartenza basata sull’ascolto di audiocassette o sull’utilizzo di fotografie scattate con una vecchia Polaroid.
Le prime battute del film possono riportare in mente un classico della letteratura come “Cecità” di José Saramago, non a caso in “Apples” c’è un tangibile elemento surreale dalle sfumature alienanti che si insinua tra gli esseri umani come una malattia, atmosfere e situazioni che possono rimandare al cinema di Lanthimos. Quando però entra in gioco il personaggio di Anna (Sofia Georgovassili), l’opera si dilata e si trasforma in un viaggio personale alla riscoperta del sé e di quei sentimenti agrodolci che da sempre fanno parte della nostra esistenza. Se quindi da “Apples” vi aspettate dei taglienti affondi satirici o delle profonde conclusioni sulla società in cui viviamo, il rischio è quello di restare delusi: Christos Nikou sceglie invece la dimensione intima (anche nel formato 4:3), lasciando che le mele del titolo facciano da trait d’union per le vicende del protagonista. La mela come il frutto del peccato originale, dunque un ritorno al principio che nel caso in esame incarna un simbolismo ancora più stratificato (l’amore, la seduzione e la memoria stessa, considerando che varie ricerche scientifiche hanno stabilito che il consumo quotidiano di mele aiuta a sviluppare l’apprendimento).
Nonostante un senso di amarezza e di inquietudine generale, una toccante colonna sonora e qualche bizzarro siparietto degno di nota (l’incontro al cinema sulle immagini di “Non Aprite Quella Porta” oppure le Polaroid scattate nel nightclub), “Apples” è un film molto misurato che scorre via lentamente come un fiume in apparenza immobile. Alla resa dei conti si intuisce che manca qualcosa e non ci sono dubbi che la trama sia troppo esile per entrare fin sotto la pelle, però è un dato di fatto poter appurare le intuizioni tutt’altro che banali di Christos Nikou, un regista affascinato dallo straniamento cinematografico di marca ellenica ma allo stesso tempo consapevole di aver girato qualcosa di diverso rispetto a molti suoi conterranei colleghi.

(Paolo Chemnitz)
