
di Alberto De Martino (Italia, 1985)
L’ultimo film di Alberto De Martino risale al 1985, quando ormai per il cinema di genere italiano erano rimaste solo le briciole, sempre se non ti chiamavi Dario Argento o Lamberto Bava e avevi la possibilità di girare con una squadra e una produzione importante (prima “Phenomena” e in seguito “Dèmoni” contribuirono a tenere in vita il cinema horror nazionale di quella determinata stagione). “7, Hyden Park: La Casa Maledetta”, già a partire dal titolo truffaldino (di case maledette qui non c’è traccia!), cercò di inserirsi all’interno del suddetto filone, rivelandosi invece un prodotto ben diverso da quelli appena citati.
La trama sembra quella di un thriller all’italiana di fine 60s, quando gli intrighi e i sotterfugi tra amici o amanti erano all’ordine del giorno. In questo caso la protagonista è Joanna (Christina Nagy), una ricca signora purtroppo costretta sulla sedia a rotelle dopo una terribile caduta in gioventù, quando un falso prete l’aggredì per violentarla. Joanna comunque è piena di vita: trascorre molto tempo in compagnia della sua assistente Ruth e si allena spesso dentro un centro sportivo per paraplegici, in vista di una competizione. Quando però scocca la scintilla con il suo istruttore Craig (molto convincente la prova di David Warbeck), il matrimonio tra i due si trasforma in un incubo per Joanna, sempre più in preda a orribili allucinazioni e presto costretta a difendersi da un complotto ordito ai suoi danni.
Si intuisce fin da subito che ci troviamo nel bel mezzo degli anni ottanta, il fascino del giallo di italiana memoria qui resta infatti un lontano miraggio, considerando l’approccio estetico di un film la cui fotografia ci riporta direttamente ai quei prodotti televisivi tipici dell’epoca. Le discrete parentesi horror (con qualche riuscita impennata di violenza) non devono trarre in inganno, “7, Hyden Park: La Casa Maledetta” in realtà è un thriller vero e proprio, poco originale nel soggetto ma ben strutturato da un punto di vista narrativo, soprattutto quando durante gli ultimi venti minuti la tensione si materializza attraverso un finale al cardiopalmo (succede un po’ di tutto e sullo schermo abbondano le situazioni inverosimili, ma un epilogo così intenso vale quasi da solo la visione intera della pellicola).
“7, Hyden Park: La Casa Maledetta” ha dunque tutte le attenuanti possibili per non essere additato come un filmetto di bassa lega: seppur con delle limitate risorse a disposizione, questo lavoro suona persino come un mezzo miracolo nel deserto ormai alle porte di quel decennio giunto a metà del suo cammino. Non a caso l’opera è stata riesumata di recente addirittura in blu-ray, segno che i cultori di questa pellicola esistono e ne reclamano a gran voce la sua (indubbia) dignità.

(Paolo Chemnitz)
