
di Nicolae Constantin Tanase (Romania/Repubblica Ceca, 2019)
“Un uomo beve, ascolta una canzone pop e muore. Voleva ascoltare la sua canzone preferita, in un bar di Bacau. Non una sola volta, ma dieci. È stato colpito con una bottiglia, ma ha rifiutato le cure. Tre giorni dopo, è entrato in coma ed è deceduto”. Quando il telegiornale rumeno ha parlato di questo bizzarro nonché tragico episodio di cronaca, il regista Nicolae Constantin Tanase non si è fatto sfuggire l’occasione, cominciando a buttare giù la sceneggiatura (insieme a Raluca Manescu) per quello che inizialmente doveva essere un cortometraggio. Ora non sappiamo perché il brodo sia stato allungato fino a ottanta minuti, tuttavia questo “Heads And Tails” avrebbe avuto maggior fortuna se fosse rimasto ancorato alla sua idea originaria.
“Cap Și Pajură” (in Romania si chiama così) è proprio la canzone incriminata, un pezzo che il regista ci fa ascoltare in loop diverse volte (roba che ti viene da spaccare lo schermo!) prima che il protagonista (di nome Laurențiu) venga colpito alla testa da un altro cliente alcolizzato del locale: una ricostruzione degli avvenimenti praticamente in tempo reale, con l’aggiunta di una tresca più o meno credibile con una donna legata a suo fratello. Dopo aver rifiutato le cure ospedaliere, ritroviamo Laurențiu dolorante sul divano di casa, mentre quella benda insanguinata continua a nascondere una ferita ben più grave di quanto preventivato. L’uomo si sente male, vomita ed è continuamente stordito, mostrando meno vitalità delle due tartarughe che nuotano nel suo acquario. L’epilogo, accompagnato da un’apparizione quasi al limite del trash, ci consegna gli ultimi istanti di vita del povero malcapitato, ormai in procinto di entrare in coma irreversibile.
Mettere a disposizione una pellicola del genere su Netflix significa rischiare che l’utente meno avvezzo e preparato a questo tipo di cinema possa abbandonare l’opera già dopo dieci minuti (forse anche per tale motivo la media voto su IMDb è impietosa). Ma pure per chi mastica da sempre questi ambiti drammatici un po’ sui generis, non ci sono buone intenzioni che reggano: il film infatti si dimostra una sorta di via crucis fin troppo tirata per le lunghe, con tanto di sfiancanti primissimi piani sul volto della vittima alternati alle interminabili riprese all’interno del suo appartamento.
Quella di “Heads And Tails” risulta dunque un’agonia fastidiosa (e a tratti disturbante) che non trova alcun appiglio convincente nella messa in scena, soprattutto alla luce di quanto già fatto in passato proprio in Romania: guarda caso nel 2005, un regista del calibro di Cristi Puiu, realizzò un vero capolavoro del cinema internazionale intitolato “La Morte Del Signor Lazarescu”. Anche in quella situazione si trattava di un conto alla rovescia fatale prima della fine, eppure in due ore e mezza di visione Puiu riusciva a tenerci incollarci allo schermo. Possibile invece che questi ottanta minuti siano per lo più composti da un vuoto siderale?

(Paolo Chemnitz)
