Benedizione Mortale

di Wes Craven (Stati Uniti, 1981)

Per Wes Craven, il passaggio dalle crude opere shock degli anni settanta (“L’Ultima Casa A Sinistra” o “Le Colline Hanno Gli Occhi”) al cinema horror di ampio respiro degli 80s non è stato affatto semplice. Soprattutto con “Benedizione Mortale”, il regista americano ha sperimentato sulla propria pelle una transizione piuttosto complessa, poiché avvenuta in un periodo in cui trionfavano le pellicole slasher. Inoltre, il doppio finale (imposto) a Craven per il film in esame, testimonia ancora una volta quanto la produzione possa influire sulle scelte di un regista, qui costretto suo malgrado ad accettare delle decisioni tutt’altro che felici (mettiamo subito le mani avanti: l’epilogo di “Benedizione Mortale” è davvero pessimo).
Le atmosfere rurali dell’opera sono molto interessanti, ci troviamo infatti nel cuore di una comunità religiosa integralista, simile sotto certi aspetti a quella degli amish (nel film si chiamano ittiti, ma non hanno nulla a che spartire con la popolazione indoeuropea che abbiamo studiato sui libri di storia). A capo di questi individui c’è il severo Isaiah (come lo hanno conciato male Ernest Borgnine!), mentre attorno a queste campagne cominciano ad accadere degli strani eventi: ne fa le spese una giovane donna rimasta vedova dopo la misteriosa uccisione del marito, schiacciato di notte da un trattore. Wes Craven gioca subito la carta dell’ambiguità, immettendo nella storia l’elemento sovrannaturale (un demone chiamato Incubus) di cui però sappiamo pochissimo. Nel frattempo, altre due ragazze (tra cui una giovanissima Sharon Stone) si uniscono alla povera vittima colpita dal lutto, in attesa di capire cosa stia realmente succedendo da quelle parti.
Anche se “Benedizione Mortale” (“Deadly Blessing”) non è un film da buttare via, il risultato complessivo è ben lontano dalle buone premesse del soggetto. La mano di Wes Craven è ben presente nelle scene di tensione e nella precisa descrizione di un ambiente religioso a dir poco inquietante (conoscendo l’infanzia del regista, c’è molto di autobiografico tra questi fotogrammi), peccato però che l’aspetto horror delle vicende tenda a perdere di intensità davanti alle (blande e confuse) dinamiche da thriller del lungometraggio. Inoltre alcuni personaggi di contorno (come il fido Michael Berryman) qui vengono buttati nella mischia senza la giusta convinzione.
Resta comunque da rimarcare il fatto che con “Benedizione Mortale” Wes Craven abbia compiuto un passo decisivo verso una dimensione a lui congeniale per gli anni a venire, non a caso alcune immagini della pellicola sembrano voler anticipare il suo cinema del futuro, soprattutto se pensiamo alla perenne sospensione tra il reale e l’onirico poi esplosa con “Nightmare” (1984). Le sequenze della vasca da bagno aprono la strada proprio al mondo di Freddy Krueger, basta solo sostituire il serpente che vediamo qui con l’artiglio del celebre villain. In poche parole, “Benedizione Mortale” non è un lavoro utile per appassionarsi a cento minuti di buon cinema horror, però è una tappa fondamentale per capire il processo evolutivo del regista americano, in questo caso purtroppo succube di una produzione che ne ha in parte rovinato le intenzioni.

(Paolo Chemnitz)

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