
di Michal Hogenauer (Repubblica Ceca/Olanda/Lettonia, 2019)
Da un regista che non ha mai nascosto il suo amore per il cinema di Michael Haneke, era lecito attendersi un freddo e chirurgico disturbing drama sulla scia di alcune pellicole austriache di recente realizzazione. Inoltre, come se non bastasse, il ceco Michal Hogenauer è anche un estimatore di Yorgos Lanthimos, motivo per il quale non sono poche le similitudini tra questo “A Certain Kind Of Silence” e il capolavoro “Dogtooth” (2009), almeno per quanto riguarda il punto di partenza.
Micha è una ragazza originaria di Praga in viaggio verso il nord Europa (il film è stato girato a Riga ma non viene mai specificato il luogo esatto in cui si svolge la storia). Una volta arrivata a destinazione, per la giovane ha inizio un lavoro come ragazza alla pari presso una moderna abitazione di un ricco quartiere residenziale (Micha deve badare al piccolo e introverso Sebastian, sbrigando nel frattempo alcune faccende domestiche). L’approccio con questa casa non è affatto facile: le grigie e severe geometrie dell’arredamento sembrano voler suggerire che là dentro le cose non funzionano serenamente come in tante altre famiglie. I due genitori del piccolo dettano infatti delle regole molto rigide alla protagonista (Micha diventa Mia per volere del padre), norme da rispettare senza battere ciglio, pena un licenziamento immediato.
Il tema della famiglia disfunzionale qui è centrale come lo era nel film di Lanthimos, solo che al contrario delle derive weird e surreali messe in scena dal regista greco, Michal Hogenauer spinge sugli aspetti realistici delle vicende, lasciando parlare i silenzi, gli algidi squarci di quella dimora e i vari rituali quotidiani che sembrano ripetersi come un precetto religioso (a cominciare da quella colazione sempre identica ogni mattina). L’opera a un certo punto si fa davvero angosciante, virando quasi sul thriller specialmente durante una fase conclusiva in cui emergono tutti i particolari shock della faccenda.
“A Certain Kind Of Silence” (“Tiché Doteky”) è un’opera che parla di educazione, di disciplina e di manipolazione, un lungometraggio capace di portare queste tematiche all’esasperazione più estrema, anche perché i metodi utilizzati da questa famiglia rivelano ben presto la loro natura perversa, mentre il piccolo Sebastian trova il suo sfogo soltanto nel tennis (una scena in particolare riporta in mente un altro film greco, “Luton”). Purtroppo per lui, la crescita dentro un ambiente così asettico e malato ha delle conseguenze irreparabili per il suo comportamento. Curioso il fatto che all’interno di questo lager cinematografico in cui l’ordine è l’unica legge da rispettare, ci sia un caos nascosto tra le righe (il quadro raffigurante la Torre di Babele appeso in camera da letto oppure l’utilizzo di ben quattro lingue per i dialoghi).
Pur nella sua lentezza generale, Michal Hogenauer è stato bravo nel saper gestire con intelligenza la tensione narrativa della pellicola, stratificandone i contenuti fino alla rivelazione finale. Nonostante questo, sia Haneke che Lanthimos restano ben distanti sui loro pianeti di appartenenza: “A Certain Kind Of Silence” è senza dubbio un prodotto valido e meritevole di visione, privo però di quella scintilla di genio che abbiamo trovato più volte nelle opere dei succitati registi. Tuttavia, per essere un semplice allievo, Hogenauer sa il fatto suo.

(Paolo Chemnitz)
