Die Hamburger Krankheit

di Peter Fleischmann (Germania Ovest/Francia, 1979)

Una delle prime misure durante lo stato di emergenza è la limitazione della libertà individuale e il divieto di trasporto privato”. In che anno siamo? 2020? 2021? No, questa frase viene proferita durante un film del 1979, “Die Hamburger Krankheit” (“The Hamburg Syndrome”), un’opera profetica che di recente è stata riscoperta in ottica pandemica. Potremmo dire alla faccia di “Contagion” (2011) di Steven Soderbergh – il lungometraggio che più di altri ha conosciuto una seconda vita durante la diffusione del Covid-19 – ma non è così, poiché in realtà questa pellicola diretta da Peter Fleischmann è destinata a rimanere un prodotto di nicchia: si tratta infatti di un titolo minore di un regista tuttavia molto apprezzato in Germania (è tra gli esponenti del Nuovo Cinema Tedesco, corrente in cui troviamo Herzog, Wenders e Fassbinder), soprattutto per il controverso esordio “Scene Di Caccia In Bassa Baviera” del 1969.
Un misterioso virus sembra aver colpito la città di Amburgo, ce ne rendiamo conto quando gli obitori cominciano a riempirsi di cadaveri (tutti ritrovati in posizione fetale). Si muore così da quelle parti, anche se le autorità sospettano che il morbo sia arrivato con le navi dal porto (c’è pure chi si chiede se l’infezione abbia origine animale o se sia proveniente da un esperimento finito male in qualche laboratorio). Quando l’orrore si manifesta in tutta la sua potenza, Amburgo viene chiusa mentre i presunti contagiati finiscono dentro delle strutture adibite alla quarantena. Bisogna ribadirlo ancora una volta, il cinema sci-fi riesce sempre a prevedere tutto (per strada c’è anche un rivenditore improvvisato di mascherine!).

Il film è incentrato sulla fuga verso sud di quattro personaggi diametralmente opposti tra loro, i quali riescono a trovare un modo per lasciare la città: un professore, una bella ragazza, un venditore ambulante di panini e un tipo insolente sulla sedia a rotelle, quest’ultimo interpretato dal regista Fernando Arrabal. C’è infatti un tocco di surrealismo all’interno dell’opera, non tanto nelle immagini ma nel suo scheletro invisibile (tra gli sceneggiatori troviamo anche il nome di Roland Topor). Perché Amburgo è diventata quasi la città lager descritta anni prima dallo stesso Arrabal nel seminale “Andrò Come Un Cavallo Pazzo” (1973), mentre i militari in maschera antigas costringono alcuni soggetti a una decontaminazione forzata che provoca tanto disagio anche in noi spettatori.
Se dunque oggi il valore simbolico di “Die Hamburger Krankheit” è a dir poco indiscutibile, c’è comunque da rimproverare al regista la scelta poco felice dei vari protagonisti, un assortimento che passa dall’anonimo (il professore e la ragazza) all’eccentrico (l’invalido Arrabal), con un plot discreto ma non entusiasmante che invece oscilla tra il drammatico e il documentaristico. Di una cosa però siamo certi: la catastrofe era già scritta nel destino, non a caso qualcuno aveva già previsto tutto.

(Paolo Chemnitz)

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2 thoughts on “Die Hamburger Krankheit

  1. Dove li trovi certi film? Su amazon? Ti arrivano dall’estero o li guardi su YouTube? È una mia curiosità dal momento che alcuni di essi vengono dati per non disponibili,soprattutto in home video. Grazie.

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    • Molti che recensisco li ho in dvd, li prendo soprattutto in UK o dagli States, dove si trova praticamente tutto. Altri li vedo nei festival (molti dei quali oggi fruibili in streaming tramite accredito), altri ancora tramite canali molto ristretti per appassionati che per vari motivi non posso pubblicizzare. Ti ricordo che c’è anche Mubi che è un’ottima piattaforma. Amazon e YouTube (e aggiungo Netflix) sono invece gli ultimi canali a cui faccio affidamento.

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