
di Zack Parker (Stati Uniti, 2011)
“Scalene” è un film indipendente americano che avrebbe meritato (e meriterebbe ancora oggi) maggiore visibilità, nonostante la tematica trattata non sia tra le più allegre. Probabilmente questa dura rappresentazione della crudeltà è andata di traverso a tanti, ma è proprio questo è il motivo per cui “Scalene” è un ottimo film, decisamente il migliore mai realizzato da Zack Parker (regista originario di Richmond che in seguito abbiamo apprezzato anche per il più contorto ma altrettanto controverso “Proxy”).
Il triangolo scaleno ha tre lati incongruenti e tre angoli diversi tra loro, esattamente come i punti di vista differenti dei tre protagonisti del film: una mamma iperprotettiva (Margo Martindale è Janice), un figlio adulto affetto da un grave ritardo mentale (Adam Scarimbolo è Jakob) e infine una giovane studentessa che entra a far parte della vita di questa famiglia (Hanna Hall interpreta Paige, una ragazza assunta come badante per trascorrere del tempo insieme a Jakob quando la madre è fuori casa). Presto il rapporto tra questi individui si rivela completamente sballato, perché al di là del povero Jakob, sia Janice che Paige vivono con eccessiva empatia la sua sofferenza, approcciandosi però al ragazzo in maniera totalmente opposta (presunta violenza contro dolcezza). Ne esce fuori un disturbing drama sotto certi versi straziante, capace di lanciare qualche indizio fin dalla prima scena, per poi ricomporsi minuto dopo minuto attraverso una serie di schegge narrative destinate a scagliarsi contro l’inerme spettatore nel sorprendente e durissimo epilogo (la sceneggiatura si rivela impeccabile).
Il trio di attori è davvero in forma, a cominciare da Adam Scarimbolo, qui impegnato in una prova di grande spessore (il suo Jakob non parla e detesta essere toccato, inoltre il trauma cerebrale che lo ha colpito da piccolo gli impedisce di fare anche dei semplici movimenti). Guardando “Scalene” si provano quasi le stesse angoscianti sensazioni assaporate nell’eccellente “The Living And The Dead” (2006) di Simon Rumley, solo che in quel caso i ruoli erano praticamente invertiti (una madre invalida lasciata da sola con un figlio schizofrenico). Tuttavia cambiando l’ordine degli addendi, il risultato non cambia.
Quando il cinema drammatico incontra la malattia, la menomazione mentale/fisica e le conseguenti amorevoli attenzioni (che si tramutano in ossessioni) da parte di altri soggetti, si scatena una malsana alchimia davvero difficile da gestire. Questo è “Scalene”, un film doloroso capace di esplorare tre lati differenti della natura umana, mentre una contorta spirale psicologica ci conduce sempre più giù, nelle turbe mentali che affliggono anche le persone che noi consideriamo normali. Perché alla fine, il ritardato Jakob sembra l’unico individuo lucido in questo mare di agghiacciante follia.

(Paolo Chemnitz)
