L’Etrusco Uccide Ancora

di Armando Crispino (Italia/Germania Ovest/Jugoslavia, 1972) 

Chi ama il cinema di genere avrà visto o sentito nominare almeno una volta nella vita due film come “L’Etrusco Uccide Ancora” (1972) e “Macchie Solari” (1975), due pellicole alquanto particolari entrambe dirette da Armando Crispino. Ecco perché, al di là dei loro evidenti limiti (partono a razzo ma col passare dei minuti tendono a spegnersi), abbiamo sempre un piacevole ricordo di questi titoli.
Possiamo inserire l’opera in esame all’interno del filone italian giallo, anche se in questo caso è la location a fare la differenza: ci troviamo infatti tra il Lazio e l’Umbria (gran parte del film è stato girato a Spoleto), dove uno studioso con la passione per la bottiglia (Jason Porter) è appena atterrato per esaminare alcuni scavi archeologici (“figli di gran puttana, questi etruschi! Loro sì, sapevano vivere, non si facevano mancare mai niente. Mangiare come maiali, bere come cammelli e a letto come mandrilli!”). La scoperta di una tomba all’interno della proprietà del direttore d’orchestra Nikos Samarakis (John Marley) scatena una serie di eventi funesti, anche perché vengono portati alla luce degli affreschi raffiguranti Tuchulcha, demone etrusco dell’oltretomba. Se in tempi moderni sarebbe stato lecito attendersi un horror sovrannaturale, Armando Crispino punta ovviamente sul filone in voga in quel periodo, con tanto di assassino (vengono commessi dei duplici omicidi, il primo dei quali piuttosto ferale) e di indagine volta a scoprire il colpevole. Guarda caso, il primo a finire sull’elenco dei sospettati è proprio il nostro simpatico archeologo, nel cui ruolo troviamo un Alex Cord piuttosto impresentabile.
“L’Etrusco Uccide Ancora” ci offre una bella carrellata di personaggi pittoreschi, di dialoghi politicamente scorretti e di strane suggestioni lontane dallo stesso genere trattato (c’è un inseguimento in automobile tra i vicoli di Spoleto degno del miglior poliziottesco), questo giusto per rimarcare il carattere profondamente eclettico del prodotto. Inoltre Armando Crispino, pur seguendo molti dettami tipici del giallo, lancia allo stesso tempo alcune idee poi riviste in questo stesso filone (il registratore portatile torna ad esempio in “Profondo Rosso”), ponendosi in perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione.
La struttura della pellicola non è certo impeccabile: qualche flashback di troppo, uno script dispersivo e un cast eccessivamente sopra le righe si contrappongono a una buona regia e a tante originali intuizioni. Tuttavia, rispetto al visionario “Macchie Solari”, il nostro etrusco sembra possedere qualcosina in più (ognuno ha il suo preferito). Occhio perché nei paesi anglofoni il film è conosciuto col titolo “The Dead Are Alive!”, ma qui di morti viventi non c’è traccia. In questo caso preferiamo tenerci stretto, malgrado tutto, il nostro manesco archeologo arrapato.

(Paolo Chemnitz)

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