
di Brillante Mendoza (Filippine, 2008)
Che Brillante Mendoza fosse sulla buona strada lo si era già intuito nel 2008, quando il regista filippino classe 1960 ci aveva regalato “Serbis” (“Service”), un dramma dalle tinte erotiche quasi completamente ambientato all’interno di un cinema a luci rosse (ci troviamo nella città di Angeles, da quelle parti tristemente famosa per la prostituzione e il turismo sessuale). Questo lungometraggio pregno di conturbante realismo anticipa di un anno il vero capolavoro di Mendoza, “Kinatay”, un film poi capace di consacrare il regista come uno dei migliori talenti del cinema orientale contemporaneo.
La macchina da presa segue le (dis)avventure giornaliere della famiglia Pineda, la quale vive all’interno di una grande struttura dove vengono proiettati film pornografici di vecchia data: la matriarca Nanay è nervosa, attende la sentenza del giudice dopo la separazione dal marito, ma non va meglio con i suoi figli e i suoi nipoti, tutti alle prese con le varie difficoltà del quotidiano (tra gravidanze indesiderate e problemi economici). Una trama dunque poco sviluppata che si aggrappa a una serie di vicissitudini ripetute fino alla nausea, tuttavia ben amalgamate tra loro grazie a una regia molto interessante (buono il lavoro con la camera a mano) e alla particolare location, un posticino niente male dove regna il degrado e lo squallore sotto ogni punto di vista.
Se con alcune pellicole successive Brillante Mendoza ci ha trascinato nel caos della metropoli, qui viviamo una situazione simile da intendere come caos familiare: inoltre dentro queste quattro mura percepiamo di continuo il rumore proveniente dalla strada (i clacson oppure quel formicaio di gente che ogni tanto si affaccia all’interno del cinema), un movimento perpetuo di individui il cui destino non sembra trovare mai pace. Ecco perché “Serbis” rappresenta sotto certi aspetti una prova generale di quanto vedremo più avanti, la fotografia spietata di un paese dove si vive alla giornata con qualsiasi espediente possibile.
Nell’opera sono presenti un paio di scene di sesso esplicito (tra cui una fellatio) e un siparietto grottesco piuttosto divertente (l’irruzione di una capra nella sala durante la proiezione di un film), immagini tutt’altro che gratuite capaci di farci toccare con mano questa realtà decisamente sui generis, almeno per noi occidentali. “Serbis” non è un lavoro imprescindibile ma lancia la sfida internazionale di Brillante Mendoza, un neorealista filippino che bisogna conoscere a prescindere dai propri gusti cinematografici.

(Paolo Chemnitz)
