
di Maya Deren e Alexander Hammid (Stati Uniti, 1943)
Eleanora Derenkowsky, nata in Ucraina nel 1917 da una famiglia di ebrei benestanti, si trasferì ben presto negli States dove adottò lo pseudonimo di Maya Deren. Una figura ancora oggi non troppo conosciuta, nonostante si tratti di un personaggio tra i più affascinanti e controversi del cinema sperimentale dell’immediato dopoguerra. “Meshes Of The Afternoon” esce addirittura nel 1943 e lo possiamo tranquillamente definire il suo capolavoro: questo cortometraggio di circa quattordici minuti può essere infatti accostato per importanza storica al monumentale “Un Chien Andalou” (1929) di Luis Buñuel, anche se nello short della Deren l’impronta surrealista si sposa con alcuni rimasugli di taglio espressionista. Molti artisti attingeranno da questi fotogrammi, a cominciare da David Lynch, uno dei principali ammiratori di Maya Deren (ricordiamo anche la sua prematura scomparsa nel 1961, dopo un periodo di salute precaria in cui la donna tuttavia continuò a coltivare i suoi svariati interessi, tra cui quello per la danza, per il buddhismo e per il vudù haitiano).
“Meshes Of The Afternoon” è un lavoro che può essere interpretato attraverso diverse angolature: la protagonista principale è una ragazza (la stessa Meren) sulle tracce di un’oscura figura nerovestita, una situazione che si ripete per ben tre volte ma con esiti differenti (impossibile dimenticare quella sagoma con il mantello e con uno specchio al posto del volto). Alcuni oggetti rivestono un particolare significato simbolico, ci riferiamo al fiore, alla chiave oppure al coltello, elementi che ritornano ciclicamente in questo breve ma angosciante affondo surrealista. Un incubo capace di culminare in un finale drammatico, nel quale prende piede l’ipotesi del suicidio come ultimo stadio di una vita dove il piacere si manifesta come un desiderio irraggiungibile.

La psicanalisi, il doppio, l’ossessione, “Meshes Of The Afternoon” è una pellicola che indaga nel subconscio lasciando allo spettatore il compito di decifrare ogni singolo fotogramma. Seguire le orme di Maya Deren significa dunque entrare in un labirinto privo di uscita, dove veniamo pedinati da un’inquietudine che striscia dietro di noi come una serpe.
Questo cortometraggio è di facile reperibilità, soprattutto nella versione musicata da Teiji Itō, futuro compagno della Deren (il commento sonoro tuttavia fu composto soltanto nel 1959). Nell’opera invece è possibile intravedere Alexander Hammid, all’epoca marito della regista e come lei qui impegnato sia davanti che dietro la macchina da presa. “Meshes Of The Afternoon” è un passaggio irrinunciabile per comprendere la controversa carriera di Maya Deren, pura avanguardia al servizio del cinema.

(Paolo Chemnitz)
