
di Martín Hodara (Argentina/Spagna, 2017)
“Neve Nera” (“Nieve Negra”) è un thriller argentino che all’azione sostituisce il torbido dramma familiare, un approccio che si rivela interessante considerando pure la suggestiva location utilizzata per l’occasione (la Patagonia, anche se alcune scene sono state girate ad Andorra). Ancora una volta la neve diventa un valore aggiunto, perché il senso di isolamento e di solitudine che si respira tra questi fotogrammi riesce ad amplificare in negativo tutta quella serie di rapporti interpersonali già marci in partenza.
Martín Hodara è un regista alle prime armi, però nel cast troviamo gente importante come Ricardo Darín (nel ruolo di Salvador), uno dei volti più popolari in Argentina. Tuttavia per conoscere il suo temperamento rude e introverso, bisogna attendere un po’: inizialmente infatti incontriamo suo fratello Marcos (Leonardo Sbaraglia) e la cognata Laura (Laia Costa), entrambi diretti in Patagonia per rivedere dopo tanto tempo questo personaggio estraneo alla civiltà, già anni prima accusato dell’omicidio di un altro fratello durante una battuta di caccia. Sono molte le tessere del puzzle presenti in “Neve Nera”, perché questo complesso intreccio familiare prevede anche una sorella ricoverata in una clinica psichiatrica. Attraverso il difficile rapporto tra Marcos e Salvador (segnato inesorabilmente da questioni legate a una ricca eredità), dal passato riemergono i segreti più oscuri, soprattutto in una mezzora conclusiva finalmente capace di proiettare il film ben oltre le sufficienti (ma non entusiasmanti) premesse iniziali.
Nonostante la partenza nebulosa, “Neve Nera” riesce a ingranare con il passare dei minuti, ricorrendo sovente all’uso dei flashback (in questo caso non ce la sentiamo di condannare l’eccessivo didascalismo). Capire cosa sia realmente accaduto tra quei sentieri è infatti un passaggio indispensabile, una svolta cruciale che soltanto una figura chiave esterna alle faccende (Laura) può aiutarci a comprendere fino in fondo. Per apprezzare “Neve Nera” è quindi importante saper pazientare almeno per cinquanta minuti, in attesa delle grandi rivelazioni di cui è pregno l’epilogo.
Approdato tempo fa sia su Netflix che sul mercato home video italiano, questo lungometraggio argentino non delude affatto le aspettative, pur nella sua formula narrativa non sempre limpida: potenzialità comunque sfruttate a dovere soltanto nella valida e appassionante seconda parte, colpa anche di una regia che qua e là tende a strizzare l’occhio a un pubblico televisivo/generalista.

(Paolo Chemnitz)
