La Chiesa

di Michele Soavi (Italia, 1989)

Dopo “Dèmoni” (1985) e “Dèmoni 2… L’Incubo Ritorna” (1986), Lamberto Bava avrebbe dovuto girare anche il terzo capitolo di questa ipotetica trilogia, un impegno che non venne mai portato a termine poiché alla fine degli anni ottanta il regista romano già lavorava a pieno regime sul fronte televisivo. La sceneggiatura però era già pronta, così fu chiamato in sostituzione il già rodato Michele Soavi, reduce dai buoni riscontri dello slasherDeliria” (1987). Il film tuttavia diventa una cosa a sé stante, prendendo una denominazione diversa da quella preventivata. Nasce così “La Chiesa”, girato tra Amburgo e soprattutto Budapest (la cattedrale gotica, veramente suggestiva).
Nel lontano Medioevo, alcuni cavalieri teutonici bruciano un intero villaggio abitato da streghe, seppellendo tutti i suoi abitanti all’interno di una fossa comune: l’incipit ci aiuta a capire molte cose, perché proprio su questo terreno viene edificata l’imponente chiesa protagonista dell’opera. Una volta atterrati nel presente, è il bibliotecario di questa cattedrale il primo a scoprire un manoscritto in cui vengono rivelati i segreti di cui sopra, un ritrovamento che lo conduce nei sotterranei del luogo sacro, alla ricerca di una croce sul pavimento utilizzata proprio per rinchiudere quelle forze malefiche. Rimuovere quel sigillo significa dunque riportare in vita i demoni della cattedrale.
Ben otto persone (tra cui Dario Argento e un non accreditato Dardano Sacchetti) hanno messo mano allo script de “La Chiesa”, allargando a dismisura un’idea di base che forse doveva essere più semplice e diretta: ci vuole infatti più di metà film per entrare nel vivo dell’orrore, un’attesa fin troppo dispersiva (i personaggi buttati nella mischia sono tanti) qua e là intervallata da qualche sequenza intrigante. Un altro punto debole della pellicola riguarda gli attori, quasi tutti anonimi se escludiamo la sorprendente prova di una giovanissima Asia Argento (era più brava da piccola, non ci sono dubbi). Non è quindi difficile intuire che rispetto al precedente “Deliria”, qui manca una certa coesione narrativa, al di là di una brillante atmosfera gotica che sopperisce in parte alle mancanze del lavoro.
La sofisticata regia di Michele Soavi sembra (in)consapevolmente guidata dall’ombra di Dario Argento (qui produttore insieme a Cecchi Gori), anche se il film è meno ferale di quanto si possa credere (l’iniziale divieto ai minori di diciotto anni fu davvero esagerato). Inoltre alcuni riferimenti alchemici ci riportano indietro fino ai tempi di “Inferno” (1980), perché se vogliamo dirla tutta, “La Chiesa” a tratti sembra proprio un film del Darione nazionale, comunque privo della sua carica visionaria.
La parte conclusiva (con tanto di amplesso demoniaco) riscatta molte cose spostando gli equilibri oltre una piena sufficienza, perché se da un lato possiamo rimarcare una palese discontinuità, l’affetto con cui viene ricordato questo film non è mai stato messo in discussione e non saremo noi a farlo: in fin dei conti un prodotto come “La Chiesa” rappresenta un vero miracolo per il cinema horror italiano di fine 80s, una mosca bianca all’interno di un filone già tramontato da un pezzo.

(Paolo Chemnitz)

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