
di Mario Imperoli (Italia, 1975)
Tra i volti (e non solo…) più ammirati durante la stagione della commedia sexy all’italiana, è impossibile non citare quello di Gloria Guida (classe 1955), salita alla ribalta fin da giovanissima prima come cantante e poi come attrice. Viene lanciata nel mondo del cinema da Mario Imperoli con l’acerbo “La Ragazzina” (1974), un’esperienza poi ripetuta nel giro di pochi mesi con il più ambizioso “Blue Jeans”, diretto sempre da questo regista romano prematuramente scomparso nel 1977. Un prodotto per l’appunto ambizioso perché non si tratta di una semplice commedia erotica: “Blue Jeans” è infatti un lungometraggio capace di cambiare nettamente registro durante la parte conclusiva, trasformandosi in una sorta di giallo dai contorni drammatici.
Il titolo dell’opera si riferisce al soprannome di Daniela, una ragazzina neppure maggiorenne che si guadagna da vivere facendo la prostituta: come prassi dell’epoca, la macchina da presa di Imperoli indugia qua e là sulle chiappe della Guida, anche se il tono dell’opera fin dall’inizio prende totalmente le distanze dalle derive sexy-pecorecce date in pasto al popolo italiano nella seconda metà dei 70s. Dopo una retata della polizia, Daniela finisce nei guai per atti osceni in luogo pubblico e viene così affidata al presunto padre (Paolo Carlini interpreta Carlo), un ricco restauratore diviso tra il dovere e il ripudio di una figlia insopportabile. Prima della sorprendente svolta conclusiva.
Ovviamente tutto il film si regge sulla presenza della bionda protagonista, una ragazzina dal caratterino difficile che non tollera lo stile di vita ipocrita del borghese Carlo: qualche simpatica battuta, qualche frecciatina che colpisce il bersaglio ma anche un paio di scene vagamente erotiche, “Blue Jeans” offre una prima ora tutto sommato godibile anche se eccessivamente dilungata in alcune sequenze. La tematica morbosa dell’incesto viene tenuta a bada ma non troppo, una spensieratezza di fondo che con il trascorrere dei minuti si trasforma in uno strumento per attuare un piano diabolico. Ecco perché la prova di Gloria Guida non è affatto monodimensionale, ma si apre verso qualcosa di più complesso e intrigante (Fernando Di Leo sfrutterà al meglio queste sue prerogative nel cult “Avere Vent’Anni”).
“Blue Jeans” (girato nella bella cornice del castello di Sermoneta) non è dunque un filmaccio da buttare, pur con i suoi evidenti difetti. Il cinema bis merita rispetto anche davanti a pellicole di questo tenore, banali e superficiali sotto molti aspetti ma sempre affascinanti al di là del genere trattato. In questo caso il minestrone non sfigura, nonostante una sufficienza generale comunque risicata.

(Paolo Chemnitz)
