Boy Eating The Bird’s Food

di Ektoras Lygizos (Grecia, 2012)

Tra le varie derive riconducibili alla new wave del cinema greco, c’è anche un filone strettamente legato alla crisi economica che ha colpito il paese ellenico alla fine degli anni zero del millennio in corso. Pur mantenendo intatta una forte carica alienante, queste pellicole rimangono ben ancorate alla realtà, lasciando spazio a una serie di personaggi il più delle volte passivi o nella peggiore delle ipotesi, ridotti in miseria. Come nel caso del convincente Yiannis Papadopoulos, qui nei panni di un ragazzo ormai privo di speranza: egli infatti vive da solo insieme al suo canarino, un piccolo uccello in gabbia che sembra voler riflettere l’impotenza di un popolo rimasto suo malgrado con le ali tarpate. Una condivisione uomo/animale ridotta a due elementi essenziali, il cibo e la disperazione.  
La camera (a mano) di Ektoras Lygizos non molla quasi mai la vita quotidiana di questo giovane, seguendolo per tre giorni attraverso le strade di Atene: quello che ne esce fuori è un dramma austero, freddo e minimale, in cui succede molto poco se escludiamo una scena a dir poco controversa, quella della masturbazione, immagini crude ed esplicite che travalicano il significato stesso del titolo, poiché il ragazzo non si ciba soltanto del mangime del suo canarino ma finisce anche per deglutire il suo sperma leccandolo dalla mano, un’ultima carta da giocare in questo nulla cosmico alquanto deprimente.
C’è una follia latente che accompagna le imprese del protagonista, come se la povertà a un certo punto aprisse il varco ad alcuni comportamenti borderline privi di logica e di morale: Lygizos affronta così le varie sfumature di questa disarmante situazione, pur mantenendo integra la dignità del personaggio principale. Ciò che rimane al termine della visione è un pessimismo poco consolante applicabile all’intera popolazione greca meno abbiente, un messaggio allarmante che si tentò di amplificare attraverso la candidatura della pellicola agli Oscar nella categoria miglior film straniero (tuttavia “Boy Eating The Bird’s Food” non riuscì a entrare nella cinquina finale).
Tirando le somme, all’interno di questi ottanta minuti secchi e diretti forse manca qualcosa per lasciare un segno profondo, a cominciare da un trasporto emotivo praticamente impalpabile. Tutto ciò al di là della buona volontà di un regista la cui carriera si è stranamente interrotta qui, nonostante un lavoro più che discreto dietro la mdp. “Boy Eating The Bird’s Food” è un film da vedere se volete assaporare l’ennesima tragedia greca contemporanea messa in atto da una corrente tra le più originali e annichilenti degli ultimi dieci-quindici anni. Quando la new wave diventa sociale.

(Paolo Chemnitz)

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