The Toxic Avenger

di Michael Herz e Lloyd Kaufman (Stati Uniti, 1984)

“The Toxic Avenger” è il film simbolo della Troma, non a caso sul logo della celebre casa di produzione americana compare proprio il bel faccione deturpato del nostro vendicatore tossico. Tolti quindi i vari sequel (tra questi, il quarto episodio uscito nel 2000 è senza dubbio il migliore), non ci resta che cominciare dal primo passo, da un horror demenziale che ha fatto proseliti in ogni parte del mondo.
Il film parte a razzo e durante i minuti iniziali ci si diverte da matti: ci troviamo nell’immaginaria città di Tromaville, dove un ragazzo brutto e imbranato di nome Melvin lavora come sguattero in una palestra frequentata da tanti fighetti con la puzza sotto al naso. Melvin viene costantemente deriso e bullizzato da questi giovani, tra pesanti umiliazioni e scherzi di pessimo gusto. Durante l’ennesima persecuzione, il protagonista precipita da una finestra cadendo dentro un contenitore di rifiuti tossici. Qui ha inizio la trasformazione di Melvin, il quale da perenne sfigato diventa un supereroe capace di prendersi la rivincita su tutto e tutti. C’è del (mal)sano body horror in questa mutazione chimica, anche se l’aspetto grottesco prevale comunque su quello puramente mostruoso. Questo è un passaggio cruciale per le sorti della pellicola, poiché una volta entrato in gioco il nostro vendicatore, il motore perde qualche colpo per via di uno script piuttosto ridondante, seppur pieno di intuizioni geniali.
Perché “The Toxic Avenger” viene ritenuto un cult? Semplice, nel 1984 si respira un’aria molto differente rispetto al decennio precedente: c’è meno voglia (e possibilità) di scandalizzare, di scioccare e di prendere per il culo i vari tabù del mondo cinematografico. Al contrario, Michael Herz e Lloyd Kaufman imboccano la strada contromano, fregandosene della censura anche quando viene mostrato un ragazzino fatto fuori come se nulla fosse o un cane steso con una pallottola. Una finzione tuttavia capace di mettere in discussione i limiti del buon gusto imposti dal cinema. Inoltre si tratta del primo vero horror di marca Troma, un magico mix di splatter e goliardia, con una punta di romanticismo persino tenera. Qui nasce la filosofia della premiata ditta Herz & Kaufman, uno spirito sopravvissuto alle varie epoche nonostante in questo calderone siano davvero poche le pellicole da ricordare.
And you can tell all your scum friends that things are gonna change in this town. I’m not just another pretty face”, parole di fuoco per un personaggio entrato a gamba tesa nell’immaginario underground del cinema più becero e demenziale. Toxic con lo spazzolone in mano è il trash alla conquista degli anni ottanta ma allo stesso tempo è un inno alla riscossa degli emarginati: l’ipocrisia del sogno americano smascherata in un baleno dal nerd più incazzato della storia.

(Paolo Chemnitz)

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