Mother Is A Whore

di Lee Sang-Woo (Corea del Sud, 2009)

Il cinema coreano, anche quello acclamato nelle sale e nei festival di tutto il mondo, non si è mai autoimposto dei limiti o delle censure, non a caso in molte di queste pellicole sono presenti immagini decisamente forti per un pubblico medio. Scendendo invece giù nell’underground, sembra ci sia qualcosa di ancora più estremo che bolle in pentola, come questo “Mother Is A Whore”, un dramma destabilizzante per giunta ispirato a una storia vera.
Il regista Lee Sang-Woo interpreta l’omonimo protagonista, un balordo che vive dentro una baracca insieme alla madre anziana: l’uomo sfrutta la donna facendola prostituire con chiunque a prezzi davvero modesti, vediamo infatti avvicendarsi sullo schermo una serie di personaggi pronti a usufruire delle prestazioni di questa signora inferma, l’importante è che il rapporto sessuale non vada oltre i quindici minuti. Paraplegici, disabili, militari (nella scena più intensa del film), c’è un sottomondo di squallore e di degrado attorno alla casetta dei due emarginati, un piccolo formicaio di individui non sempre approfonditi a dovere ma ognuno capace di compiere degli atti indicibili nei confronti del prossimo (solo il padre di Sang-Woo è riuscito a rifarsi una vita con una donna più giovane di lui, anche se le frequentazioni religiose di quest’ultima sono a dir poco inquietanti).
“Mother Is A Whore” è un film che punta tutto sul realismo dei dialoghi e delle situazioni, lasciando da parte ogni tipo di virtuosismo tecnico: a lungo andare questo particolare approccio tende ad appiattirsi un po’ troppo, però la sostanza non perde mai il suo mordente catapultandoci all’interno di una quotidianità disarmante (la mamma che caca sul pavimento, i preservativi lavati e riciclati, stupri come se nulla fosse… uscire sani di mente da questo lavoro non è affatto facile!). Interessante anche il continuo parallelismo tra la carne animale e quella umana, un connubio tra cibo, sesso e denaro che non fa molta distinzione tra il pezzo di maiale e la figa usa e getta.
Sicuramente in passato il cinema orientale ha trattato la tematica della famiglia disfunzionale con maggior estro e fantasia (pensiamo solo al geniale “Visitor Q” di Takashi Miike), però al di là di una regia sciatta e di un accumulo di situazioni per certi versi fine a se stesso, “Mother Is A Whore” è un bel pugno nello stomaco assolutamente degno di visione: un disturbing drama cupo e deprimente, capace di portare all’autodistruzione qualsiasi personaggio, come in un circolo vizioso dove solo la morte equivale alla liberazione. Neppure nelle prime controverse opere di Kim Ki-Duk si toccavano questi livelli di disperazione.

(Paolo Chemnitz)

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