No Reason

di Olaf Ittenbach (Germania, 2010)

Dopo le simpatiche esperienze artigianali degli anni novanta (“Premutos” non può mancare nella collezione di ogni splatter-maniaco), con il nuovo secolo Olaf Ittenbach alza la posta in gioco lavorando con budget più sostanziosi e con maggiori ambizioni. Tra le sue pellicole più recenti, abbiamo voluto esaminare quella meno trascurabile (“No Reason” del 2010), un compendio di alta macelleria tuttavia distante dalle atmosfere cult del vecchio ciclo horror messo in piedi dal regista tedesco.
Nonostante un minutaggio piuttosto breve (un’ora e dieci), la trama di “No Reason” è piuttosto ingarbugliata, anche perché Ittenbach si sofferma molto sul rimpallo continuo tra realtà e immaginazione: la protagonista è Jennifer (Irene Holzfurtner è l’unica interprete degna di nota), una donna sentimentalmente appagata in procinto di sposarsi e di cambiare casa. Durante la permanenza nella nuova abitazione, Jennifer riceve la visita di strani personaggi fino a sprofondare all’interno di un vortice mentale lontano dalla quotidianità, un sottomondo (diviso in vari livelli dal regista) dove si materializzano le più atroci torture e umiliazioni nei confronti di altri individui. Cosa significa tutto questo? In verità Ittenbach non ci offre risposte adeguate, mettendoci con le spalle al muro alla pari di Jennifer, una donna (spesso mostrata senza veli) il cui incubo forse collima con la precarietà stessa della condizione umana (“if your life appears perfect to you, would you be prepared to face your past?”).
Se non fosse stato per uno script davvero caotico, “No Reason” avrebbe raggiunto una comoda sufficienza: niente da fare purtroppo, anche se dobbiamo rimarcare nuovamente la bravura di Ittenbach per quanto riguarda gli effetti speciali (da oltre trent’anni una prerogativa di cui il regista bavarese è maestro indiscusso). Una volta infatti scesi in questo inferno dai vaghi contorni sadomaso (“Hellraiser” è un riferimento tutto sommato plausibile), restiamo scioccati da alcune immagini a dir poco estreme, come quel viso letteralmente maciullato a colpi di frusta o quel pene aperto in due dalle forbici del boia di turno. Il sangue, il vomito e una serie di arti mutilati fanno da allegro contorno, per un nero quadretto degno del cinema horror più infame e depravato degli ultimi dieci-quindici anni.
Pur avendo mantenuto la sua carica politicamente scorretta, con “No Reason” Olaf Ittenbach ha cercato di aggiustare il tiro ulteriormente, provando a dare una maggiore professionalità al suo prodotto finito: un tentativo di upgrade tutt’altro che disprezzabile, limitato però da una storia poco avvincente e dalla solita galleria di nefandezze messe in scena solo per fare contenti gli appassionati del cinema più brutale. In fin dei conti non potevamo mica pretendere la luna da Olaf Ittenbach, uno che fin dagli esordi non ha mai amato i compromessi.

(Paolo Chemnitz)

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